Legali familiari, siamo al “pasticcio giuridico”

di | 17 Luglio 2015

miniatura dc9“Dopo tanti anni ci troviamo in un pasticcio che va considerato, non solo di natura processuale ma anche di comune logicità”. Lo dicono gli avvocati Vincenzo, Fabrizio e Vanessa Fallica dopo l’udienza, ieri (del 15 luglio 2015, ndr), davanti alla Corte d’Appello di Palermo che deve esaminare il ricorso dell’avvocatura dello Stato contro la sentenza che condanna i ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire 18 familiari delle vittime della tragedia aerea di Ustica il 27 giugno ’80 quando il Dc9 Itavia s’inabissò in mare tra Ponza e Ustica con 81 persone. L’avvocatura ha chiesto la sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado, gli avvocati si sono opposti e la Corte si è riservata la decisione. L’avv. Vincenzo Fallica ha chiesto alla corte di appello “la celerità” della decisione dopo che le sezioni unite della Cassazione si pronunceranno sul diritto di risarcibilità iure hereditario del danno da morte immediata, investite dalla stessa corte d’appello che aveva pronunciato una sentenza parziale sulla causa promossa dai parenti di altre vittime della strage aerea. “Non può consentirsi – dicono i legali – che un collegio giudicante in sede di appello concernente i fatti di cui al disastro aereo possa esprimersi prima attraverso una sentenza parziale che riconosce la responsabilità dello Stato, per poi decidere in seno ad altro giudizio la esistenza o meno di tale responsabilità. Quello che conta in questo particolare momento conclusivo è eliminare tale pasticcio attraverso un provvedimento lineare da parte della Corte di Appello alla quale è stata fatta una esplicita richiesta di celerità”. L’avv. Vincenzo Fallica, sostiene che la vicenda, giunta quasi alla conclusione, “comincia a manifestare sintomi di natura grottesca nella sua esecuzione”. “Sintomi che vengono avvertiti dalla posizione che continua a mantenere l’avvocatura dello Stato – aggiunge – la quale, anziché collaborare per risolvere i gravi problemi processuali venutisi a verificare nei vari giudizi, continua a contestare la validità di un giudicato della suprema corte di Cassazione che ha definitivamente accertato e sancito la responsabilità dello Stato. L’avvocatura, oltre ad offrire un’immagine distorta degli avvenimenti richiede una valutazione diversa ed opposta da parte della Corte quasi che non sussistesse la sentenza, la quale non è stata paradossalmente nemmeno menzionata (tam quam non esset)”. (Fonte Ansa)