Nuovo film sulla strage di Ustica. Una storia tra verità e finzione

di | 8 Febbraio 2016

Renzo MartinelliSul trailer del film appare la scritta: «Una verità inconfessabile». Renzo Martinelli si presenta con la carta geografica dell’Italia. Il regista ha segnato le rotte degli aerei coinvolti nella strage del 27 giugno 1980, quando un DC-9 della compagnia Itavia, decollato dall’aeroporto di Bologna e diretto a Palermo, si squarciò in volo provocando 81 morti. Il film uscirà il 7 aprile e si intitola Ustica. Martinelli, abituato alle polemiche (Barbarossa, Vajont), si aspetta un pandemonio. «Posso fare una premessa storica?».
Certo.
«In quegli anni, siamo in piena guerra fredda, l’America è vicina al conflitto con la Libia. I caccia libici Mig 23 andavano a fare manutenzione nell’ex Jugoslavia, sistemandosi sotto la pancia di aerei di linea maltesi, con l’accordo dei nostri servizi segreti. Gheddafi aveva comprato il 10% della Fiat, ci forniva gas e petrolio, avevamo più di un buon motivo per favorire il colonnello. Disse Andreotti: “Noi abbiamo una sposa americana e una amante libica”».
Come racconta la strage il suo film?
«Il caccia libico ha un appuntamento con un aereo proveniente da Londra che porta ritardo, come pure il DC-9. Ustica è una serie di anelli perversi che si concatenano. L’aereo libico si rende conto di essersi messo sotto l’aereo sbagliato, il nostro. C’è un altro anello che porta alla tragedia. Gli Usa trasferiscono al Cairo dei bombardieri per un’esercitazione. Un radar d’avvistamento lancia l’allarme: c’è un intruso sotto la pancia dell’aereo civile. La Nato dà l’allarme. Si alzano in volo due Mirage francesi, due F-104 italiani e due F-5 americani. I comandi Nato dicono: se ne occupano gli americani, gli altri a casa».
E poi?
«Il DC-9 inizia il suo atterraggio su Palermo. Il Mig libico si allontana per sfuggire ai radar. È il momento in cui gli americani lo attaccano. L’aereo libico si avvicina al DC-9 pensando che in questo modo non verrà colpito. Ci sarà una collisione in volo, gli americani speronano l’aereo italiano anziché quello libico, non si rendono conto della presenza dell’aereo civile».
Su quali fonti poggia la sua tesi?
«Sulle perizie, sulle testimonianze, sulle 5.000 pagine dell’istruttoria del giudice Priore. Lui mi ha detto: non sa la solitudine dell’inchiesta e le pressioni che ho ricevuto. Dopo la strage ci sono state sedici morti sospette. Dai tabulati dei radar vennero cancellati tutti i tracciati tranne quelli del DC-9. La Democrazia cristiana si oppose al ripescaggio del velivolo».
C’è una parte di fiction?
«Sì. Caterina Murino ha un figlio di 8 anni, per non fargli incontrare il padre camorrista lo mette sul volo sbagliato, condannandolo a morte. Impazzisce dal dolore. Incontrerà una elicotterista, Lubna Azabal, che troverà una carta aeronautica con una scritta araba in cui il pilota libico chiede perdono per le morti innocenti. Il DC-9 è digitale, i paesaggi e il cielo sono veri. L’illusione è totale».
È stato difficile fare il film?
«La Rai non voleva rogne con gli americani, per Medusa non rientrava nei piani editoriali. È una coproduzione col Belgio a cui hanno partecipato ministero Beni Culturali e tre Regioni, oltre a privati. La sentenza del tribunale di Palermo stabilisce che la causa del disastro fu un missile o la “quasi collisione” con un aereo. Ma la quasi collisione è un non senso: o c’è o non c’è».
Lo vide «Muro di gomma» di Marco Risi?
«Un ottimo film di impegno civile su Ustica, ma non aveva le fonti che ho potuto avere io e non si coglie la dinamica dell’incidente. Quando la materia è calda è meglio aspettare».
Perché i suoi film sollevano sempre polveroni?
«Quando la ragione di Stato manipola la verità, se la rimonti non puoi non seminare malumori e ostilità».
Il film su Barbarossa fu un flop.
«Andò bene all’estero dove fu preso per quello che è: un film di guerra. In Italia fu fagocitato dalla Lega che ammazzò il film per l’eccessivo peso che volle dare».
Ma lei non era vicino alla Lega?
«Mai stato leghista. Ho sempre avuto una sorta di amicizia paterna da parte di Bossi, a cui non ho mai chiesto un favore. Barbarossa mi fu offerto dalla Rai che aveva un soggetto illeggibile sulla battaglia di Legnano. Mi chiesero di metterci le mani e ricominciai da zero».
(Fonte Corriere della Sera)

34 pensieri su “Nuovo film sulla strage di Ustica. Una storia tra verità e finzione

  1. Enrico Brogneri

    I commenti sotto il titolo “Speciale Matrix su Ustica on line la puntata integrale”, al netto di alcune forzature, dovrebbero essere più che sufficienti a indurre il regista Martinelli e la Presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime a sollecitare i dovuti chiarimenti a coloro che hanno fatto loro credere che lo scenario correlato al Mig libico fosse quello giusto. Fossi al loro posto, lo farei guardandoli negli occhi a muso duro.

  2. Teresa

    E’ un genio della battuta occulta.
    E’ difficile tenerLe dietro, quando invece vorremmo tanto apprendere da Lei con semplicità.

  3. Enrico Brogneri

    Tere a, la mia tesi è stata ben compresa dalla giornalista Anna Foti. Ti riporto uno stralcio di un suo recente articolo e mi riservo di entrare nei particolari dello scenario che ho ipotizzato, circa 20 anni orsono, nella lettera che il difensore del gen. Tascio non ha potuto leggere per il veto del presidente Muscara’ della Corte d’Assise di Roma (sempre che Stragi80 non intenda impedirmelo):
    “…  Qualcuno aveva anche ipotizzato un collegamento con la strage di Bologna del 2 agosto del 1980. La strage di Ustica forse avrebbe dovuto rappresentare un avvertimento ai fini dell’interruzione delle trattative per la stipula del trattato Italo-Maltese sull’autonomia della stessa isola. La commissione d’inchiesta sulla strage di Ustica, tuttavia, avrebbe smentito qualunque legame con il disastro del DC 9. Il ritrovamento di quel mig potrebbe rappresentare l’ennesimo tentativo di depistaggio.
    In linea con questa smentita c’è un altro episodio che si aggiunge ad uno scenario già complicato. La sera del 27 giugno 1980, passate le 21 e pochi minuti dopo l’inabissamento dell’aereo nei pressi di Ustica, qualcuno vide un aereo militare volare a bassa quota sulla città di Catanzaro. Forse l’aereo militare coinvolto in una battaglia ad alta quota, in cui sarebbe stato abbattuto il DC 9, scaturita dell’intercettazione da parte degli israeliani della rotta di un cargo francese. Tale cargo, tutt’altro che casualmente, posto sulla scia del DC 9 stava trasportando uranio in Iraq e nel tentativo di fermarlo gli israeliani sarebbero intervenuti. Solo che avrebbero colpito il DC 9, abbattendolo. Il cargo di uranio sarebbe giunto in Iraq e avrebbe compiuto indisturbato la missione. Quel mig libico ritrovato nel Castelsilano crotonese (allora provincia di Catanzaro) sarebbe stato solo uno dei numerosi elementi di depistaggio in questa vicenda che dunque potrebbe avere come protagonisti i servizi segreti italiani e stranieri. E’ Enrico Brogneri, avvocato civilista, e nessun altro a vedere questo aereo militare nei cieli di Catanzaro. E’ lui a rendersi conto che scavare dentro questa vicenda equivale realmente a confrontarsi con un muro di gomma e a porsi contro chi evidentemente occulta con il silenzio la verità dei fatti. Enrico Brogneri è l’unico testimone di un fatto che potrebbe essere determinante per quella verità ancora sconosciuta su cosa accadde quella sera di quasi trent’anni fa. Una verità che ministri e magistrati hanno difeso con minacce di querela a chi l’avesse messa in dubbio. Basta essere soli per non essere credibili. Nessuna casa editrice vuole pubblicare la sua inchiesta “Ai margini di Ustica”. Dopo decine di rifiuti il libro viene dato ai caratteri a sue spese. Un’attestazione di rispetto per le vittime e per una verità
    Alcuni squarci sono emersi anche a Reggio Calabria quando si indagò sulle navi dei veleni e sui presunti traffici di scorie tossiche e nucleari tramite affondamenti dolosi che si intrecciarono al filone lucano di inchiesta relativo al coinvolgimento del centro di monitoraggio ambientale Enea-Sogin della Trisaia di Rotondella in provincia di Matera in un’attività di vendita di tecnologie e materiali nucleari attraverso le ‘ndrine. Anche a Potenza un’inchiesta condotta dal procuratore Nicola Maria Pace era dedicata al traffico illegale di plutonio e uranio ed era stata favorita dalle dichiarazioni di un pentito della ‘ndrangheta che conosceva i luoghi esatti dell’interramento dei fusti radioattivi. Tanti gli scenari inquietanti, quindi, tra cui la morte di Ilaria Alpi, il porto nucleare di Eel Ma ‘Ann a nord di Mogadiscio in Somalia, la vendita di armi ad Iran e Iraq da parte dell’Italia ed anche la strage di Ustica. In particolare le trattative per la vendita di Uranio da parte dello Stato Italiano a paesi arabi non sarebbero stati graditi ad Israele e Stati Uniti, divenendo così il centro di uno scontro internazionale per il blocco di questi stessi traffici. Scontro che potrebbe essere culminato nella strage di Ustica laddove il DC9, secondo una della ipotesi, sarebbe stato carico di barre di uranio rubate e dirette in Libia sarebbe stato abbattuto dai servizi segreti israeliani.

    Complesso è l’intreccio umano e giudiziario che sorregge questa tragedia. Ricostruzione di indagini e vicende processuali, perizie e testimonianze, atti e sentenze, voci che hanno a volte definito, a volte sfuocato i contorni di una storia che ha ancora tanto da raccontare a coloro che si chiedono cosa sia mai accaduto quella sera di prima estate di 34 anni fa. La giustizia ha dato solo qualche risposta, ma il cielo di Ustica e quel tratto di mare ancora custodiscono molti segreti. Neanche la verità e le responsabilità sono state rese a chi quella maledetta notte ha perso la vita.

  4. Ramon Cipressi

    Avoocato, scusi la domanda, ma Lei ha mai letto l’Inchiesta del Giudice Priore?
    Perché al capitolo il MiG (Capo 2) è spiegato tutto benissimo.

    Queste le conclusioni del Giudice Priore:
    “In conclusione si deve dire che più sono gli elementi di prova che quel
    MiG23 cadde in tempo ed occasione diversi da quelli prospettati nella
    versione ufficiale…”
    “…Sul fatto, di fronte a una tale massa di prove, molte delle quali
    oggettive – le poche restanti di origine soggettiva provengono da persone del
    tutto immuni da sospetti, spontaneamente presentatesi, dei più disperati
    ambienti e luoghi, senza alcun contatto tra di loro, e pienamente concordi –
    si supera ogni ragionevole dubbio e si giunge alla certezza che esso non si è
    verificato il giorno che s’è voluto accreditare – con una messinscena quasi
    perfetta – è accaduto molto tempo prima, e per più versi si può anche
    presumere che sia capitato in quelle medesime circostanze in cui precipitò il
    DC9 Itavia.
    Non solo: è caduto in conseguenza di abbattimento e probabilmente
    anche per mancanza di carburante, perchè inseguito da altri velivoli da
    caccia, e quindi per effetto di un vero e proprio duello aereo, un episodio di
    natura bellica, avvenuto sul nostro territorio, ad opera di velivoli stranieri…”
    “…Noi per parte
    nostra, abbiamo aderito alla tesi ufficiale, ammettiamo che si tratta di una
    scelta politica, ma non tiriamo fuori dalla memoria – perchè dagli archivi già
    tante circostanze sono emerse – nemmeno mezza verità. Mentre con ogni
    probabilità di quell’aereo conosciamo vita, morte e miracoli.
    Chè se poi l’innominabile fosse l’esser stato quel velivolo nel contesto
    della sera di quel 27 giugno 80, si spiegherebbero allora i silenzi
    dell’inseguitore, le grida dell’inseguito, le congetture di chi sa, e sapeva, e
    ha dato, mezzano per vocazione o necessità, un colpo alla botte e l’altro al
    cerchio.”

    Ma, tutti anziché studiare un opera “omnia” di 5000 pagine, in cui c’è scritto praticamente tutto sulla Strage, preferiscono affidarsi ai racconti di “fantascienza” , l’Uranio, gli Israeliani, la bomba dei terroristi….

    Gli UFO ancora no?

    Per fortuna che “NOI RICORDIAMO…”

  5. Enrico Brogneri

    L’inchiesta di Priore è perfetta fino a punto in cui si è riconosciuto che la data dell’episodio di Castelsilano andava retrodatata al 27.06.1980. E’ da questo punto in poi che scorgo i primi paletti della politica, invalicabili anche per un magistrato integerrimo come Priore, il quale peraltro ha dichiarato, se è vero quel che ha detto il regista Martinelli, di aver subito grandi pressioni. Vuol sapere da quando ho realizzato che l’argomento della sostituzione dell’aereo di Castelsilano era militarmente e politicamente presidiata? Il mio sospetto risale al febbraio 1994, epoca in cui la Digos di Catanzaro mi ha “nervosamente” invitato a comparire per la data del giorno 9 nell’Ufficio del Presidente del Tribunale di Cosenza, la dove era stato convocato anche Di Benedetto, e tutto lasciava supporre che in quella sede sarebbe stata confrontata la mia deposizione con quella del caporale cosentino (ovviamente sulla diversità della sagoma). Ebbene, la verifica è stata prima spostata ad altra data, poi rinviata a data da destinarsi e, infine, stranamente saltata. E non è tutto.

  6. Teresa

    Per quel tanto di persuasivo che posso rintracciare nelle varie ipotesi un po’ da tutti voi prospettate (a volte anche sconvolgenti) e soprattutto da persona che frequenta le strade affollate e che si apparecchia giornalmente alle normali funzioni che appartengono alla consuetudine della gente comune vi pongo questa mia domanda, spero non banale:
    Nell’anno 1980 c’era forse una Giunta parallela al Governo in carica che operava motu proprio?

  7. Ramon Cipressi

    @TERESA anche Gladio di Cossiga , che combinazione era Capo del Governo

    @BROGNERI Timpa delle Magare che è un dirupo inaccessibile, per cui gli stessi primi soccorritori si sono dovuti calare con le funi.
    Per portare via il Mig che pesava oltre 10 tonnellate dalla gola hanno dovuto utilizzare una Società della FIAT dotata di Elicotteri Sikorsky ad elevatissimo payload.
    Sostanzialmente le Aeronautiche non hanno questi mezzi, perché sono per scopi civili industriali.
    E’ un operazione che descrisse lo stesso Romiti, l’ex AD Fiat.
    E con tutto ciò lei , avvocato, sosterrebbe che questa difficile operazione sia stata fatta per ben 3 volte. 2 per togliere aerei e 1 per metterli.
    E tutto questo perché?
    Per far tornare la sua testimonianza e far coincidere l’aereo che lei ha visto per 10 secondi, di sera e senza nemmeno essere un esperto di aviazione, con quello che è caduto a Castelsilano?
    E questo sarebbe il suo contributo ai Morti Innnocenti di Ustica…?

    Grazie lo stesso Avvocato… ci arrangiamo senza…

  8. Enrico Brogneri

    Ingegnere,
    1) rimuovere l’aereo piantonato da Di Benedetto ( è stata incaricata la ditta Argento di Lamezia Terme);
    2) posizionare un mig libico.
    Le operazioni sono due e sono state svolte in circa 20 giorni.
    Lei, ingegnere, sbaglia anche in questo, ma sono certo della Sua buona fede. Io ho fatto il mio dovere molti anni prima del Suo amico gen. Bozzo, il quale se n’è stato zitto zitto per oltre un trentennio nonostante avesse la certezza delle bugie sul traffico aereo da parte francese. In ogni caso, Le assicuro che quella manciata di secondi di esperienza mi è bastata per distinguere sagoma, colore, direzione ecc. Insomma, non era il mig libico. Concudendo: il mio non era un mig e, pur essendo in caduta, si è volatilizzato; quello di Di Benedetto non era il mig e ha cambiato look, il depistaggio degli abitanti di Castelsilano è fuori discussione anche per Priore; non Le sembra il gioco delle tre carte?

  9. Ramon Cipressi

    Dunque , da quest’articolo di Colarieti stesso tutta la storia dettagliata.
    Si, I costi impedirono l’accettazione dell’offerta Impresit (Fiat) e l’appalto fu alla fine preso dalla Ditta Calabrese che accennava, dopo mesi di rinunce da parte di varie Ditte, a causa della difficoltà dell’impresa.

    “Veniamo alla Fiat, scrive ancora Priore: “Nell’agosto dell’80 il responsabile dell’attività internazionale di questa impresa, successore proprio in quel mese di Romiti alla presidenza del “Comitato mezzi e sistemi per la difesa”, tal Pignatelli Nicolò, accompagnò Romiti dal Direttore del Sismi Santovito. In questo incontro si parlò tra l’altro della questione del recupero dei rottami di quel velivolo. Esso Pignatelli fu investito della questione tra quella fine d’agosto e la prima decade di settembre da Misellati Rageb, vice governatore della banca nazionale libica e “rappresentante dell’azionariato libico”. Questo “senior” – superando il rappresentante libico a Torino, certo Montasseri – richiese che dell’operazione si occupasse la Impresit, azienda Fiat specializzata nelle grandi costruzioni. Pignatelli comunicò la richiesta a Romiti che nulla obiettò; affidò l’incarico all’amministratore delegato dell’Impresit; furono compiuti sopralluogo e previsione dei costi, previsione che superò il mezzo miliardo. Di tutto fu informato Romiti. L’iniziativa però cadde e Pignatelli seppe che l’operazione era stata affidata e portata a termine da un’impresa calabrese. Misellati, che spesso di lamentava della disattenzione della Fiat nei confronti del suo Paese, non tornò più sull’argomento, pur avendo sostenuto che quel recupero era importante per la Libia”.
    Quindi ciò che afferma oggi Romiti, in merito alla telefonata e alle pressioni ricevute da Misellati, è vero fino in fondo, ma di ulteriori sollecitazioni libiche sulla Fiat c’è traccia anche nei carteggi sequestrati al Sismi durante l’istruttoria: “Altra persona che parla di questi maneggi è l’ex capo-centro Sismi al Lussembergo, il professor Francesco Pelaia. Costui fu incaricato dal suo Direttore, cioè dal generale Santovito, di organizzare un incontro con l’amministratore delegato della Fiat Romiti. Egli si adoprò tramite il rappresentante della Fiat a Roma, tal Gaspari già appartenente al Sismi, e predispose, anche con l’aiuto del capitano Artinghelli della segreteria del Direttore del Sismi, una colazione al Roof Garden dell’Eden di via Ludovisi. Santovito da parte sua chiese una collaborazione della Fiat ad impiegare sue strutture per fini del Servizio in Paesi dell’allora oltre Cortina. Romiti a sua volta chiese ausilio per il recupero del MiG, riferendo che Gheddafi aveva fatto pressioni in quel senso, addirittura “stava rompendo le palle”.
    Romiti aveva riferito tutto ciò anche all’autorità giudiziaria: “Per quanto concerne l’episodio dell’aereo libico caduto in Sila ricordo le circostanze; evidentemente esponenti libici, nell’ambito del consiglio di amministrazione, – che sono quelli con cui noi intratteniamo rapporti – ci rappresentarono l’esigenza di recuperare un aereo militare caduto in Calabria; ricordo che l’aereo non era stato intercettato dalle apparecchiature specializzate italiane. Ciò appresi dalla stampa, ricordo che i rappresentanti libici ci chiesero all’uopo se noi avevamo delle attrezzature tecniche idonee a recuperare l’aereo militare. Prima di fare un qualunque passo volli consultarmi con il direttore Santovito e pertanto si addivenne all’incontro. Gli dissi che non avevamo le attrezzature adeguate per il prelevamento richiestoci. In sostanza io finii per demandare il problema del prelevamento a Santovito e non so poi come fece”. A quel punto i libici, considerata la situazione – Fiat che propendeva per la costruzione di una teleferica con tempi di intervento lunghissimi; il Sismi che proponeva una gru che non si trovava – affidarono l’incarico all’Elifriuli, che avrebbe dovuto impiegare per il trasferimento dei pezzi un suo elicottero, ma qualcosa andò storto: “Un tecnico di questa impresa incaricato del sopralluogo, si reca a Castelsilano proprio il giorno del rilascio dell’autorizzazione – probabilmente quella nota di nulla osta della Procura della Repubblica – ed avvia i preparativi per le operazioni. Proprio durante il sopralluogo questo tecnico, Vogrig Fabiano, incontra un pastore abitante in una casupola nei pressi – ma nessuna PG lo ha mai individuato, né prima né dopo – che dà una nuova versione della caduta. Il fatto sarebbe avvenuto tra il 28 e il 29 giugno. L’aereo precipitando avrebbe dapprima toccato il terreno con la parte inferiore della coda e poi avrebbe percorso “scivolando sul terreno” alcune centinaia di metri prima di arrestarsi. Il pilota sarebbe stato sbalzato fuori dell’abitacolo al momento del primo urto, e quindi si sarebbe dovuto trovare a diverse centinaia di metri dal relitto”. Se il pastore dice la verità (e non sarà l’unico ad affermare tali circostanze) l’incidente sarebbe avvenuto alla fine di giugno e non il 18 luglio. Ma nei giorni in cui la Elifriuli sta organizzando per i libici il recupero dei rottami del Mig accade altro: “il 4 settembre allorché si stanno coordinando i preparativi per la partenza, il figlio del titolare dell’Elifriuli, Coloatto Marco, riceve, nella sede amministrativa della società a Grado di Gorizia, una telefonata anonima a voce maschile e accento meridionale. L’ignoto interlocutore chiedeva di non effettuare il recupero, sotto minaccia di abbattere sulla verticale della Calabria gli elicotteri della società, operante all’epoca sugli aeroporti di Foggia e Catania per il controllo della costruzione di un metanodotto della Snam. Il pomeriggio di quello stesso giorno arrivava una seconda telefonata, questa volta nella sede operativa della società a Cividale del Friuli. Sempre una voce maschile con accento meridionale questa volta minacciava l’abbattimento degli elicotteri dell’Elifriuli, che si trovavano nei due aeroporti sopra menzionati con modalità imprecisate. Quello stesso giorno il titolare della ditta rinuncia al recupero”. Il recupero sarà effettuato da una ditta calabrese, ritenuta dagli inquirenti in odor di mafia.
    (Colarieti)

    Grazie per la precisazione, dunque, ma come vede si trattò di un impresa costosa e complessa, che non si potè improvvisare.
    Figurarsi farne 3.

    Per non parlare di dove vado a prendere un MiG-23 libico, una bestia da 15 tonnellate, non li vendono mica al supermercato?
    E poi ne prendo uno con i fori di cannone da 20mm, cosìcche devo inventarmi tutta la questione della Snia per poter nascondere le tracce dello scontro aereo?
    “Quei pezzi finirono anche nello stabilimento Snia di Colleferro, dove il 9 novembre ‘84 fu addirittura effettuata “una prova di scoppio in anfiteatro della testa di guerra del missile Aspide 1-A” per verificare “in modo realistico la capacità delle sfere di danneggiare o distruggere, dopo la perforazione di uno schermo d’acciaio, sistemi ed impianti del Mig”.
    Una chiara montatura per cancellare prove evidenti….

    Ma se qualcuno ha dovuto nascondere qualcosa, ricordiamoci bene, vuol dire che quel MiG-23 Mf della Jamahiria pilotatato dal Capitano Ezzeden Khalil, aveva una storia da raccontare, che non si voleva venisse raccontata.

    Diceva Giovanni Spadolini ai giornalisti: «Scoprite il giallo del Mig libico e avrete trovato la chiave per trovare la verità di Ustica». Aveva ragione allora, come ne ha ancora oggi.

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