Ustica, Priore: potrebbe esserci stato un coinvolgimento degli Stati Uniti

di | 29 Gennaio 2016

Rosario PrioreNel disastro aereo di Ustica avvenuto il 27 giugno 1980, in cui un aereo di linea, Douglas DC-9, della compagnia italiana Itavia cadde improvvisamente in mare, potrebbe esserci stato un coinvolgimento degli Stati Uniti. Lo ha detto Rosario Priore, all’epoca giudice istruttore dell’inchiesta sulla strage di Ustica, ospite del programma “Siamo Noi” su Tv2000 (qui il filmato). “Ho lasciato l’inchiesta da diversi anni – ha detto Priore – ma i miei successori stanno lavorando bene. I mezzi che all’epoca avevano gli Stati Uniti erano di gran lunga superiori a quelli italiani e a quelli francesi. I nostri avevano individuato uno o due aerei libici e da Grosseto si sono alzati in volo due nostri aerei all’inseguimento di questi velivoli con l’intento di abbatterli perché erano apparsi nei radar come nemici. Intervennero sicuramente i francesi che vollero compiere questa missione nel loro mare contro il nemico Gheddafi ma ad un certo punto sono intervenuti anche gli americani della portaerei Saratoga. Questo possiamo dedurlo dal fatto che sul luogo dell’incidente abbiamo trovato un canotto di salvataggio appartenente alla portaerei Saratoga. Su questo punto si dovrebbe lavorare”. “Bisognerebbe capire – ha aggiunto il giudice Priore – se c’è stato uno o più aerei Usa che hanno detto ai francesi ‘fatevi da parte’ ma a loro volta anche i francesi hanno detto agli italiani ‘fatevi da parte’. Interpretando i dati radar bisogna vedere se effettivamente sul luogo dell’incidente è caduto un aereo americano, il pilota si è salvato con il canotto di salvataggio ed è stato tratto in salvo. Questa, secondo me, è un’operazione che alcuni stanno facendo”.
Alla puntata di ‘Siamo Noi’ dedicata alla strage di Ustica è intervenuto anche il giornalista e scrittore, Andrea Purgatori, che si è occupato della vicenda: “Priore non ha detto una cosa da poco perché nei pochi tracciati radar che sono rimasti si vede distintamente la traccia di un elicottero che sorvola il mare in quella zona e che poi scompare. E dato che gli elicotteri non atterrano sull’acqua, è sceso evidentemente su una portaerei. Il problema è che l’ elicottero arriva sul luogo dell’incidente molte ore prima dei soccorsi italiani”. “Se è vero che sotto il DC-9 della compagnia italiana Itavia – ha aggiunto Purgatori – si sarebbero nascosti due caccia libici, allora questi sono entrati con la complicità dell’Italia. A questo punto anche noi saremmo corresponsabili di quello che è accaduto dopo. Se è vero, come dicono alcuni testimoni e il presidente Cossiga, che a colpire l’aereo dell’Itavia sono stati i francesi allora questi sono colpevoli di aver compiuto un atto di guerra in tempo di pace nello spazio aereo di un altro Paese tentando di uccidere un leader politico (Gheddafi ndr). Gli Usa non possono non aver visto quello che accadeva perché nel Golfo di Napoli era presente la 6^ flotta e in quel momento di estrema tensione raccontare che i radar erano spenti per non disturbare le trasmissioni televisive di Napoli è una bugia ridicola alla quale ci siamo in qualche modo adattati. Un senso di ‘ragion di Stato’ ha impedito a Francia, Italia, Libia e Usa di dire la verità perché c’era un ricatto incrociato intorno al quale poi si è sviluppato il silenzio”. (Fonte Agi)

11 pensieri su “Ustica, Priore: potrebbe esserci stato un coinvolgimento degli Stati Uniti

  1. Ramon Cipressi

    F.A.Q. sulla Tragedia di Ustica

    Finalmente dopo tanta “Fantapolitica” stiamo tornando ai Fatti Realmente avvenuti e già ben dettagliati nell’Inchiesta del Giudice Priore.
    A volte mi chiedo, perchè si parla così tanto a vanvera e non si legge l’unico documento che nel 1999 aveva già definito la Verita Giuridica e Storica…

    (Dagli atti della Conferenza al Politecnico di Torino del 09 Luglio 2010: “Ustica: la scienza ha ancora qualcosa da dire?” relatori R. Cipressi – M. De Montis, relazione basata sugli Atti dell’Inchiesta Priore)

    DA DOVE ARRIVAVA L'”INTRUSO”?:
    ( ce lo dice l’allarme scattato attorno a Firenze Peretola alle 20.20 del 27 Giugno 1980.)

    “La sera del 27 giugno 1980 un Boeing E-3 AWACS del 552° AWCW, basato sulla Tinker AFB (Oklahoma) e dal 1979 distaccato in Germania, pattugliava il cielo dell’Italia centrale, come risulta dall’Inchiesta Istruttoria.

    Da notare che l’USAF operava con questo velivolo solo dal 1977 e due esemplari erano dispiegati in Europa dall’autunno 1979, basati a Ramstein, in Germania.
    La NATO li avrà in dotazione solo dal 1982, per cui, anche se l’inchiesta cita velivoli del Comando Britannico, per ragioni evidenti si tratta di velivoli USA.

    Le strane manovre attorno al DC-9, effettuate a partire dalle 20,20 all’altezza di Firenze Peretola e notate anche dal Controllo Aereo di Ciampino, non possono sfuggire al nuovo aeroplano da allarme ed avvistamento radar precoce, il sofisticatissimo AWACS Boeing E-3A Sentry dell’USAF, in volo da ore lungo rotte concentriche sull’Appennino Toscano e sull’isola d’Elba, a copertura di uno spostamento di velivoli americani verso l’Egitto. (Si veda esercitazione Bright Star ’80).

    L’ E-3A Sentry e’ un nuovo gioiello tecnologico, un autentico “occhio nel cileo”, con il radar 3D Westighouse AN/APY-1, ad effetto Doppler, di tipo Look Down con cui può vedere anche i contatti che passano a bassissima quota, addirittura una Ferrari in corsa sull’autostrada, come dicevano scherzando i radaristi.
    E’ proprio vero, non gli scappa niente, nemmeno un solitario Mig-23, che prova a rientrare a casa dal posto sbagliato, inserendosi, come uso fare in quegli anni, sotto la pancia di un velivolo civile, per guadagnarsi un comodo e discreto “passaggio” verso casa, al riparo da occhi troppo indiscreti.

    Come ormai sappiamo, quella volta gli “occhi” videro, cambiando la destinazione di quel solitario MiG-23 ed il destino di altri 81 innocenti…”

    QUALE ERA LA SUA MISSIONE?

    “…All’improvviso, la minaccia prese effettivamente corpo, sotto forma di un solitario (si vedrà poi disarmato e probabilmente ignaro della situazione) caccia monoposto MiG-23MS “Flogger” dell’aviazione libica, anch’esso impegnato in un trasferimento “non ufficiale” lungo la rotta Iugoslavia (sede di molte basi in cui gli aerei libici effettuavano le revisioni periodiche) – Tripoli.
    Il trasferimento degli aerei appartenenti all’aeronautica libica lungo rotte civili, spesso effettuato volando in coda ad aerei di linea che ne mascheravano la traccia radar, faceva invece parte di un’altra relazione, quella fra Italia e Libia, contrapposta alla precedente, ma altrettanto radicata, tanto da concretizzare l’acquisizione di un importante pacchetto azionario FIAT da parte del governo libico.
    I governi italiani dell’epoca erano influenzati dal colonnello Gheddafi per via della disastrata situazione economica italiana e si può ragionevolmente supporre che la copertura a questi trasferimenti rientrasse tra i favori da concedere al Colonnello per ricevere il preziosissimo e vitale petrolio, nonché assicurare lo sfruttamento dei pozzi libici da parte dell’ENI ed aggiudicarsi importanti commesse militari e civili.
    Fino a quel tragico 27 giugno, i voli dei MiG attraverso l’Italia erano ormai di routine, ma quella notte la situazione era ben diversa: inavvertitamente il MiG, con molta probabilità, si era avvicinato troppo alla rotta del Ponte Aereo per l’Egitto e fu immediatamente scoperto dall’AWACS in orbita circolare a nord di Grosseto. Contestualmente due F-104 italiani, tra cui un biposto TF-104 con a bordo i Comandanti Naldini e Nutarelli, di ritorno con un allievo da una esercitazione su Verona Villafranca, trovandosi in prossimità del DC-9 su Firenze Peretola, vengono probabilmente inviati a verificare l’intrusione. Pochi minuti dopo, infatti, gli aerei italiani trasmettono per ben tre volte un segnale d’emergenza a conferma della presunta minaccia. A questo punto l’allarme è confermato alle varie basi NATO, collegate dal sistema NADGE, e si scatena una gigantesca “caccia all’intruso” con scramble (decolli su allarme) attivati anche dalla base di Grosseto e da quella francese di Solenzara (Corsica).

    CHI INTERVENNE?

    “…Benché aerei di almeno tre nazioni appartenenti alla NATO (Italia, Francia e USA) fossero in volo, la minaccia fu presumibilmente gestita dall’aviazione che doveva proteggere il Ponte Aereo Egiziano, cioè l’USAF, in collaborazione con l’US NAVY.
    Appare infatti quasi certo che gli Intercettori italiani rientrarono poco dopo l’emergenza dichiarata dall’AWACS e che alle 20,50 tutti gli aerei militari italiani fossero a terra.
    Per l’Aviazione Francese si ha notizia certa di intensa attività di volo, come accennato, dalla base Corsa di Solenzara, attività di volo che proseguì in modo inusuale fino a notte inoltrata, come testimoniato dal Generale dei CC Nicolò Bozzo, appena giunto in un albergo della zona per trascorrervi le vacanze.
    Ma quel giorno la protezione del Ponte Aereo era molto probabilmente affidata al 527th Tactical Fighter Training Aggressor Squadron, distaccato al poligono AWTI di Decimomannu (Cagliari), reparto che effettuò diversi voli proprio durante la giornata del 27 Giugno e fra questi anche alcuni atterraggi ad Aviano. Pertanto secondo la logica è ragionevole pensare che questo reparto sarebbe stato coinvolto nel
    momento in cui si fosse materializzata una minaccia per i preziosi bombardieri e trasporti militari dell’Alleato maggiore.
    Tra l’altro, i registri dei rifornimenti di Decimomannu relativi al 27 Giugno 80 sono stati “perduti”, indizio che fa pensare che contenessero informazioni interessanti. Infatti qualche tempo dopo gli eventi, gli investigatori riuscirono ad individuare l’aviere responsabile dei rifornimenti di quel giorno, che confermò come in serata fossero stati riforniti almeno un F-5 ed un F-15, entrambi caccia intercettori, in
    pieno contrasto con le consuetudini, che vedono la base chiudere le attività di volo ben prima dell’imbrunire…”

    QUALE FU IL SUO RUOLO NELL’INCIDENTE?

    “…Anche il MiG, in prossimità del Punto Condor, per qualche ragione, cambia il profilo della sua missione, che lo ha visto fino a quel momento nascondersi in coda all’I-TIGI ed effettua vistosi cambiamenti di assetto, velocità e rotta, tanto da essere notato dall’Operatore di Marsala, il Maresciallo Carico che esclamerà: “…Questo ha fatto un salto da canguro…”, notando un velivolo distanziarsi a
    destra del DC-9 e proseguire parallelamente.
    Ma le tracce improvvisamente cambiano la loro direzione, virano di 90 gradi, assumendo una traiettoria perpendicolare alla rotta del DC-9. Si percepisce distintamente un treno di più velivoli che seguono traiettorie e velocità militari, 600, 700 nodi, partiti da circa 10 miglia di distanza ed in rapido
    avvicinamento al DC-9 I-TIGI.
    Questi velivoli, con modalità differenti, intersecheranno la rotta del DC-9 ITAVIA alle ore 20,59’,45’’.
    Dopo tale istante le tracce verranno confuse (pur rimanendo riconoscibili) coi rottami del DC-9 in caduta nel letto del vento di Nord-Est.
    L’I-TIGI a questo punto, in relazione spazio-temporale certa con questi passaggi ravvicinati, subisce una destabilizzazione, sotto l’effetto di una forza impulsiva, imbarda istantaneamente verso sinistra, superando i limiti strutturali (in accordo con i dati della Douglas, la casa costruttrice) e si frammenta in due tronconi: uno anteriore, con l’ala ancora vincolata, l’altro posteriore, con gli impennaggi.
    La depressurizzazione fu istantanea ed esplosiva e la frattura della fusoliera tranciò di netto le linee di tutti gli impianti, mentre l’aeroplano senza alcun controllo precipitò come una foglia morta, fluttuando nel vuoto per alcuni minuti.
    Il Fato completò la sua tragica opera facendo precipitare i resti nella Fossa del Tirreno, profonda oltre 3.500 metri…”

    DOV’E’ FINITO IL MiG?:

    “…L’ultimo atto della tragedia è rappresentato dai resti del MiG-23MS libico, matricola 6950, rinvenuto ufficialmente il 18 luglio 1980 sulla Sila, in Calabria.
    La datazione del rinvenimento ufficiale, decisamente discutibile, è smentita da più fonti, in virtù delle perizie mediche effettuate sulla salma del pilota libico, le quali retrodatano la morte del pilota alla fine del giugno 1980, proprio in corrispondenza dell’incidente occorso al DC-9 ITAVIA.
    Questa tesi è inoltre suffragata da numerosi testimoni che si trovavano sulla traiettoria del MiG passato a bassa quota sulle coste calabre all’altezza di Paola: le testimonianze, che si ripotano a fine del Giugno 1980, raccontano di “un aereo militare monoposto di colore marrone a chiazze, che volava basso, inseguito da altri due caccia più grandi, biposto e bireattori di colore più chiaro del primo (La
    descrizione li rende compatibili con i caccia imbarcati F-14A Tomcat dell’US Navy o al limite con F-15B dell’USAF, di configurazione simile)”.
    I lampi e globi luminosi visti tra gli aerei che si inseguono e che spariscono in direzione dei monti della Sila, sorvolando lo stadio di Cosenza e Monte Scuro, confermano un inseguimento tra caccia ostili che sarebbe quindi perfettamente compatibile con i ritrovamenti dei rottami del MiG proprio nella direzione
    indicata dai testimoni.
    Altra considerazione che ci ha molto colpito per la sua evidenza è la seguente: tracciando una linea passante per le posizioni dei testimoni che hanno seguito il passaggio degli aerei sulla costa calabra, si arriva al luogo di ritrovamento dei rottami del MiG sulla Sila, da una parte, e prolungandola dalla parte opposta, si incrocia l’Ambra 13 proprio sul Punto Condor.
    Vale a dire che il MiG, una volta lasciato evidentemente indenne il Punto Condor, volando verso il suo punto di caduta in Calabria, non ha nemmeno cambiato rotta!…”

    QUESTO RACCONTA L’INCHIESTA, QUESTO E’ STATO RECEPITO IN GRAN PARTE DAI GIUDIZI CIVILI. IL RESTO E’ SOLO CONTROINFOMAZIONE…

    Ramon Cipressi

  2. Teresa

    … … E nel mentre che nell’aria lugubri scenari marziali … … in diretto contrasto 81 Ignari Cittadini Italiani, compresi quegli avvenenti candidi Bambini, viaggiavano felicemente in un aereo di linea civile nella propria rotta d’appartenenza nel cuore dei sereni cieli d’Italia: non ebbero il tempo di dire neppure “Dio m’ aiuti!” e vennero attesi invano in un dolore senza fine e senza conforto, con il coinvolgimento emotivo di tutta una intera Nazione.

  3. Teresa

    = Posto per inciso che parlare di USTICA è sempre una costernazione e un dovuto ricordo =

    Ramon Cipressi, se mi è consentito e non LA disturbo, mi permetto umilmente di approfittare della Sua scienza in materia chiedendoLe gentilmente di rispondere, se lo vuole, a questa mia semplice e forse banale domanda:
    in quella maledetta sera, il Mig in questione se non avesse avuto la possibilità ipotizzata di mimetizzarsi dietro il DC 9 Itavia, in ritardo di due ore sull’orario previsto, come avrebbe tentato di cavarsela per sorvolare i cieli dei Cittadini della Repubblica Italiana e raggiungere la sua meta?
    Comunque grazie, Teresa

  4. Marco

    La rotta più conveniente per un Mig dalla Jugoslavia alla libia per effettuare un trasferimento di sicuro non passava sopra l’Emilia Romagna. Questo/i Mig per andarsi a nascondere sotto il DC9 ha(nno) dovuto attraversare Adriatico + un bel pezzo di Emilia Romagna…com’è possibile che non siano stati notati? E’ probabile, dalle testimonianze oculari del lato tirrenico della calabria e da sviste su qualche taccuino, che uno dei mig fosse un Mig 21…notevolmente diverso dal Mig 23 (trovato anch’esso). Quindi 1 arancia+ 1 mela fanno 2 frutti (almeno).

    1. giuseppe saraceno

      Concordo totalmente su i dubbi a proposito della rotta e sull’osservazione di Teresa.
      La conclusione è facile.
      Il mig23 non era in volo da trasferimento che casualmente ha trovato il dc9 itavia (certe cose si programmano bene, non parte e poi “si spera” di trovare un passaggio).
      Gli aerei militari non volano MAI da soli (vedi sotto), qualsiasi motivo ha portato il mig23 a volare accanto al dc9.
      Il Mig23 sicuramente non era solo. Da anni dico che le osservazioni di alcuni testimoni (correggo marco: dal lato ionico) portano a pensare che ad accompagnare il mig23 ci fossero due (almeno) mig21.
      I TRE (almeno) mig volavano accanto al dc9 per motivi da chiarire e dopo l’attacco al dc9 si sono disimpegnati (come ho gia descritto in altri miei commenti) e si sono separati (unico caso in cui un aereo militare vola solo) per ostacolare la loro caccia. Il mig23 è stato inseguito fin sulla sila (le testimonianze sono inequivocabili, queste si dal lato tirrenico) gli altri due mig21 hanno attraversato la calabria e si sono ricongiuti nei pressi di catanzaro e hanno volato appaiati verso la puglia coma da testimonianza pubblicata su questo sito.
      Nonostante non concordi quasi su niente con Cipressi alcune cose sono non contestabili e quindi concordo
      1) gli inseguitori del mig23 erano due F14, biposto, due motori, due derive, prese d’aria rettangolari (in seconda istanza due F15, il modello biposto). Impossibile sbagliarsi.
      2) la saratoga non aveva a bordo F14
      3) la saratoga non si è mossa dal porto di napoli
      4) per far decollare un aereo da un portaerei la nave deve navigare a forte velocità controvento, non si puo decollare da una nave ferma , per di piu nel porto.
      5) i due f14 sono quindi decollati da un’altra portaerei americana (kennedy) o da qualche base americana o francese (sigonella, corsica). dubito che un f14 possa decollare da una portaerei francese (le portaerei francesi sono una copia e sono compatibili nelle attrezzature con le portaerei americane ma sono troppo piccole)

      (mia personale interpretazione dei fatti, ovviamente)

      saluti

      sg

  5. giuseppe saraceno

    Se il mig23 fosse stato in volo di trasferimento allora avrebbe dovuto “agganciare” il suo passaggio prima di entrare nello spazio aereo italiano, non su bologna.
    Il dc9 itavia aveva due ore di ritardo, se il mig23 fosse decollato dalla jugoslavia proprio per agganciare il dc9 (che comunque non ha senso) allora avrebbe dovuto decollare PRIMA del dc9.
    E’ altrettanto vero che il mig23 non puo essere decollato dalla jugoslavia a caso sperando poi di trovare un “passaggio”
    Non è pensabile che un volo militare su un territorio “straniero” venga organizzato con tanta leggerezza.

    La rotta che dalla jugoslavia arriva in libia attraversando l’italia del nord non è plausibile,
    la rotta migliore sembrerebbe quella che dall’estremo sud della yugoslavia attraversa perpendicolarmente l’adriatico , arriva sulle coste italiane all’altezza di Ancora, sorvola l’Aquila e arriva a Roma da est.
    E’ la rotta seguita dal traffico commerciale dall’est europa, è molto trafficata, piena di voli civili, non richiede di attraversare tutto il nord italia e richiede meno carburante particolare non insignificante perche un mig23 non è in grado di arrivare direttamente in libia dalla yugoslavia, o ci arriverebbe a pelo con i serbatoi ausiliari, quindi se si partisse dall’estremo sud della yugoslavia si risparmierebbe circa un quarto del volo (spannometricamente), ma soprattutto il mig23 “aggancerebbe” il suo compagno di volo in territorio amico (yugoslavia) e non sui cieli dell’italia.
    Tutto questo ammesso che sia vero che gli aerei di gheddafi passassero proprio sull’italia per andare in libia, potevano benissimo passare sull’adriatico e lo ionio, raggiungere malta, che era un alleato ufficiale di gheddafi e da lì arrivare in Libia.

    Quindi il mig23 non poteva essere in volo di trasferimento quando volava sotto il dc9 itavia. Non poteva essere lì per caso, il mig23 era dietro il dc9 perche doveva, per qualche motivo, trovarsi sotto quell’aereo.

    Tenuto conto che il dc9 è, come gia detto, partito con ore di ritardo da bologna e dato che, ovviamente, il mig23 non puo aver atteso il dc9 in volo per ore, e quindi non puo essere decollato prima del dc9, se ne deduce che il mig23 puo solo essere decollato DOPO il dc9 e quindi è, molto probabilmente, decollato da un aeroporto italiano.

    Da un mio precedente commento, discutendo sul residuo di carburante trovato (meglio NON trovato) sul mig23 caduto a castelsilano ne deduco che questo aereo molto probabilmente aveva fatto rifornimento in una base italiana e quindi decollato dall’italia.

    Mie personali deduzioni, ovviamente.

    Sg

  6. giuseppe saraceno

    Inoltre se il mig23 voleva raggiungere la libia, agganciarsi ad un aereo che poi sarebbe atterrato a Palermo non era la scelta ottimale, anzi, era proprio sbagliata. Il dc9 quando scomparve dai radar era gia in fase di discesa per palermo.
    Proprio dietro il dc9 c’era una aereo air malta che sarebbe stata la scelta ottimale, se si voleva raggiungere la libia via malta. ma cosi non fu fatto. i casi sono due: svista clamorosa del pilota del mig23 oppure Il mig 23 non era diretto in libia (personalmente non credo alla svista, certe cose non si possono sbagliare).

    Mie personali deduzioni, ovviamente.

    sg

  7. Teresa

    Gentile Giuseppe Saraceno,
    apprezzo le sue deduzioni e la ringrazio devotamente.
    Il mio normalissimo senso comune mi coinvolge ancora in un ‘altra stranezza, o meglio quella che a me sembra una stranezza: questo enigmatico Mig 23 per un certo tratto non tanto breve, inseguito a vista da presso, quindi credo in posizione vantaggiosa direbbero i cacciatori facile da puntare come un Tordo Sassello, da due Caccia, presumo di ultima generazione e con piloti super addestrati, alla fine va a cadere da solo sui monti di CASTELSILANO per mancanza di carburante??? … …

  8. giuseppe saraceno

    purtroppo teresa non posso farti arrivare la mia risposta alla tua osservazione molto pertinente.

    C’e’ ancora qualcuno che spera che un giorno da un cassetto di una scrivania spuntino delle foto che ritraggono esattamente il momento dell’incidente con inquadrati i volti dei colpevoli e la “targa” dell’aereo, e magari anche una didascalia sotto per evitare disguidi, tipo autovelox. Queste foto, queste prove inoppugnabili, la pistola fumante, temo non esistano.

    Nessuno riuscirà mai a trovare queste prove, neanche mago merlino e neanche la fata morgana, semplicemente perchè non esistono.

    Tutto si giocherà sull’attenta analisi dei piu piccoli dettagli della vicenda, ponendosi delle domande e cercando onestamente delle risposte. Il diavolo è nei dettagli.

    Questa storia è piena di incongruenze. Ma per me le incongruenze non sono dei problemi. Per me le incongruenze sono oro puro. Dove c’e’ una incongruenza sicuramente c’e’ ancora qualcosa che non si è capito bene. E lì bisogna insistere.

    Farsi delle domande, per esempio se è plausibile che un aereo cada per mancanza di carburante quando viene attaccato con armi da fuoco da due aerei potenti come gli F14, è un buon punto di partenza.

    Io ha elaborato decine e decine di ipotesi e sistematicamente le ho scartate quasi tutte perche non portavano a niente. E’ come il gioco di congiungere i puntini neri ma senza avere il punto di partenza e i numerini sui punti. Si puo andare a tentativi ma se la strada è sbagliata alla fine il disegno è un garbuglio. Ti accorgi che sei sulla strada giusta solo quanto congiungendo i puntini neri cominci a vedere la sagoma del galeone dei pirati con tanto di teschio. L’ipotesi iniziale viene validata a posteriori.
    Non bisogna aver paura di fare ipotesi, ma bisogna avere il coraggio di scartarla quando non porta a niente.
    E bisogna avere il coraggio di difenderle quando sei profondamente convinto di essere sulla strada giusta, anche senza la prova definitiva in mano, che, mi ripeto, temo non verrà mai trovata.

    saluti

    Giuseppe saraceno

  9. Teresa

    Giuseppe Saraceno,
    Ammiro e condivido il pacato pessimismo con l’onesto e leale desiderio della ricerca della verità, quale essa sia, doverosamente in onore di 81 connazionali, seppure consapevole di navigare su una piccola Giunca nell’aperto Mare in bufera. Ad Maiora.
    Cordiali Saluti
    Teresa

    1. giuseppe saraceno

      Ti sbagli Teresa, non sono pessimista, sono abbastanza ottimista sul fatto che prima o poi la verita verrà a galla, quello che volevo dire è che inutile sperare di trovare lo prova definitiva, o di pretendere di voler vedere le “prove” rischiando in questo modo di bloccare qualsiasi tentativo di ricerca della verità.

      sg

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