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Caso Ustica, l’analisi dei documenti declassificati dal Governo / I parte

archivioI documenti appena declassificati dal Governo svelano, innanzitutto, l’intenso lavoro della diplomazia italiana nella vicenda della strage di Ustica. Diplomazia all’opera per sollecitare i governi alleati a dare risposta ai quesiti posti dalla magistratura italiana, ma anche per ottenere informazioni in via informale, sempre prestando massima attenzione a non irritare gli alleati, via via che le indagini condotte dal giudice Rosario Priore avanzavano ipotizzando responsabilità anche di paese tradizionalmente amici, come Francia e Stati Uniti. Intensissimo, poi, il lavoro svolto dalla nostra ambasciata a Tripoli. La Libia, infatti, è stata oggetto di numerose rogatorie, e la nostra ambasciata ha fatto sforzi enormi, anche alla luce della complessità della situazione politica libica, per cercare di avere dalle autorità di quel paese le informazioni richieste, cercando sempre di trovare il giusto equilibrio tra la necessaria fermezza nel richiedere risposte esaurienti e la necessità di mantenere buoni rapporti con Gheddafi. Sono le ambasciate di Parigi, Tripoli e Washington quelle che più hanno lavorato nel tentativo di fare luce sulla caso Ustica. Ma la vicenda ha riguardato decine di sedi diplomatiche (Egitto, Iran, Iraq, Malta, Repubblica Federale Tedesca, Belgio, Olanda, Israele, Regno Unito, Polonia, Yugoslavia e estremo Oriente). I documenti più interessanti sono quelli relativi ai tre paesi appena citati – Usa, Libia e Francia – quelli direttamente coinvolti nella strage, non fosse altro per la presenza dei loro mezzi aerei e navali nel Mediterraneo la sera del 27 giugno 1980. E sono proprio questi i paesi verso cui la nostra diplomazia ha compiuto gli sforzi maggiori, a qualsiasi livello.
Partiamo dunque dalla Francia. Uno dei documenti più interessanti è un memorandum di 22 pagine in cui si mettono in evidenza le reticenze dell’alleato transalpino [leggi il documento]. Nel documento è citata una lettera dell’Ammiraglio Fulvio Martini, all’epoca a capo del SISMI, che in data 4 settembre 1986 scrive al suo omologo francese che, due settimane dopo, risponde che la caduta del DC9 non costituiva un affaire de terrorisme e che, pertanto, non disponeva di alcuna informazione. Viene citata la risposta francese (datata 6 aprile ’89) ad alcuni quesiti posti dalla Commissione ministeriale Pratis, che chiedeva notizie sulla posizione delle navi francesi il giorno dell’incidente, e se l’alleato d’Oltralpe disponesse di rilevazioni radar di interesse. La risposta è totalmente negativa: nessuna nave in zona, nessun dato radar disponibile. La Commissione stragi, successivamente, chiese alla Francia notizie sulla portata dei radar dislocati nella Corsica meridionale ottenendo, anche in questo caso, una risposta assolutamente insufficiente. Le apparecchiature, secondo l’addetto militare dell’ambasciata francese colonnello Varizat, erano spente, essendo l’incidente avvenuto al di fuori delle normali ore di lavoro e, comunque, la portata del radar era limitata al litorale corso. Tale risposta, datata 28 novembre ’90, nel memorandum viene giudicata assolutamente non congruente. Si rileva infatti che la Commissione stragi non chiedeva informazioni sui radar aeroportuali, o di approccio, ma sui radar della difesa aerea che, per loro natura, non possono mai essere spenti. Ma l’addetto militare, secondo l’estensore del report, mente anche sugli orari in cui rimase in funzione l’aeroporto che, e viene citata la testimonianza del generale dei carabinieri Nicolò Bozzo, rimase attivo fino alle 22.00/23.00 locali e non fino alle 17 come sostenuto dalle autorità francesi.
Interessante anche il capitolo relativo alle rogatorie. Il 29 ottobre ’90 il giudice istruttore Priore chiede al suo omologo francese notizie relative al DC10 abbattuto l’anno prima in Niger e ricostruito presso l’aeroporto Le Bourget. Chiede anche di poter comparare i resti del DC10 e del DC9 abbattuto a Ustica, nonché copia delle relazioni tecniche sul disastro del DC10. La risposta (una relazione tecnica) arriva dopo oltre due anni . Nel settembre ’92 viene concordata la visita di una delegazione italiana, di cui si forniva l’esatta composizione, ma, al giorno stabilito, ad attendere e accompagnare la delegazione c’era solo un ispettore di polizia, assolutamente all’oscuro dei fatti e non in grado di fornire alcuna spiegazione tecnica. Tale increscioso episodio dava vita a una formale protesta della nostra ambasciata a Parigi, che così rispondeva: L’assenza di cooperazione fatta presente dal Sig. Priore all’epoca della sua venuta sul territorio francese era dovuta ad un malinteso ed auspicava che questo fatto non avrebbe intaccato la qualità della cooperazione franco-italiana in materia di reciproca assistenza giudiziaria. Il 26 gennaio ’93 i francesi inviano della documentazione sull’attentato al DC10. Si tratta solo di copie della perizia esplosivistica e della relazione della commissione d’inchiesta amministrativa. Anche in questo caso – si legge nel memorandum – una esecuzione a tal punto inaccurata da indurre in non benevole congetture sulla effettiva volontà di collaborazione.
Ulteriori reticenze francesi anche in occasione della richiesta, da parte del G.I. italiano, di identificare un certo Roland, un aviere francese che aveva prestato servizio presso il centro radar di Mont Agel, e che era stato ospite del maresciallo Mario Alberto Dettori, morto suicida nel 1987 e che, il 27 giugno 80 era in servizio a Poggio Ballone. Tale Roland, tra l’altro, sarebbe stato il beneficiario di un assegno emesso dallo stesso Dettori e tratto dal conto corrente che sempre Dettori intratteneva presso la Banc Sudamerisse France, agenzia di Nizza. A distanza di tempo i francesi comunicavano l’impossibilità di risalire all’identità di Roland attraverso l’assegno, perché l’agenzia in questione era stata chiusa ed il documento smarrito. Senza tentare di compiere – si legge nel memorandum – alcuna indagine né presso i livelli superiori dell’agenzia di quella banca né presso i militari in servizio in quel centro radar all’epoca.
Dove era la portaerei Foch? Importantissimo il rilievo di pagina 17 del memorandum. Si cita la pubblicazione dello Stato maggiore della Marina francese “Cols Bleus” del 28 giugno 1980 in sui risultano indicate le posizioni delle unità navali della marina militare francese nel mondo. Si rileva la portaerei Clemenceau arrivata a Tolone il 27 giugno 1980. Si indica la posizione di numerosi navi, di ogni genere, e anche sommergibili. Si nota però un fatto importante: non si fa alcun riferimento alla portaerei Foch. Eppure – si legge nel memorandum – questa unità, come comunicato dalle autorità francesi e a quanto risulta registrato nel libro di bordo era ormeggiata a Tolone il 27 giugno 1980. Non si comprende perciò per quale motivo invece non risulti inserita tra le unità presenti nel Mediterraneo.
L’aereo libico Addy della società Airambulance. Nel maggio ’92 le autorità italiane chiedono informazioni su questo velivolo menzionato nelle conversazioni telefoniche tra Poggio Ballone ed il sito francese di Marsiglia. La rogatoria non avrà mai risposta. L’unica risposta giunge dalla Polizia francese che, interessata al riguardo, riferisce che la Air Ambulance dovrebbe essere una società svizzera, ma tale compagnia non ha effettuato alcun volo in partenza o in arrivo ad Ajaccio il 27 giugno 1980. Nessun volo, inoltre, sempre secondo la Polizia francese, risulta esservi stato tra Ajaccio e Tripoli quel giorno. In una successiva comunicazione si aggiungeva che l’Air Ambulance veniva genericamente indicata quale compagnia aerea sanitaria libica sospettata di essere una copertura per i servizi speciali libici.
La Francia, in tutti questi anni, ha sempre affermato di aver risposto a tutte le rogatorie italiane. Il punto è un altro e riguarda la qualità delle risposte. In un appunto del 2002, indirizzato al sottosegretario agli esteri, Roberto Antonione, si ricorda che, secondo il Ministero della Giustizia francese, si è dato seguito a tutte le richieste della magistratura italiana. Al documento viene allegato un prospetto consegnato dalla Direzione Generale Affari Penali del Ministero della Giustizia francese al magistrato italiano di collegamento, nel cui testo viene specificato il seguito dato, da parte francese a ciascuna di dette rogatorie con l’indicazione delle relative date di esecuzione. [leggi il documento].
Ma se la Francia è apparsa spesso reticente, alcuni paesi, invece, hanno risposto in maniera assolutamente esauriente. E’ il caso della Gran Bretagna. La risposta britannica alle rogatorie inoltrate dal giudice Priore, a firma di Simon Watkin, capo del UKCA (United Kingdom Central Authority), è impeccabile. Indica tutti gli aerei della RAF che hanno compiuto operazioni nel Mediterraneo, il 27 giugno 1980, inclusa Gibilterra, ma anche tutti gli aerei che sono transitati con l’indicazione della data, del tipo di aereo e la rotta. Le autorità italiane vengono anche informate del fatto che all’epoca nessuna portaerei britannica era operativa. La Hark Royal era infatti stata posta fuori servizio verso la fine del 1978 e la Invincible (che sarà impiegata nella guerra delle Falkland), che stava eseguendo i primi test e perciò non era ancora operativa, era giunta da Lisbona il 23 giugno per arrivare in Inghilterra il 27. Le ricerche compiute secondo gli inglesi erano esaustive e nessun’altra notizia era possibile reperire negli archivi. La tabella riportante gli aerei britannici è accompagna da una nota esplicativa che dà ulteriori dettagli dei singoli punti della tabella stessa [leggi il documento].

[seconda parte] – [terza parte]

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