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Misiti, da Ustica al Governo

Dunque l’onorevole Aurelio Misiti, 76 anni da Melicucco, la cittadina calabrese di cui fu anche sindaco tra il ’68 e il ’71, è stato nominato sottosegretario di Stato del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Corona così un percorso politico davvero poco lineare: da comunista a ondivago tra destra e sinistra, in particolare nella politica regionale della Calabria, ma anche segretario confederale della Cgil laziale tra il ’78 e l’81. Infine, nel 2007, approda in Parlamento, tra le fila dell’Idv di Antonio Di Pietro, per finire direttamente al Mpa di Raffaele Lombardo e in volata sui banchi del Governo. Un percorso che Misiti aveva illustrato con un’esplicativa intervista a Repubblica, il 3 febbraio scorso, dove aveva esordito, riferendosi all’eterna campagna acquisti di Berlusconi, dicendo: «Mi faccia ministro, anche sottosegretario può andare. Se non gli garba mi nomini delegato del governo. Ma prima si presenti con i soldi. Venti miliardi di euro e passo con lui». Misiti è uno pratico, che bada solo alla sostanza delle cose: «Io vado a progetto, sto con chi accetta, non vado alle cene. Berlusconi mi cerca solo per fare numero, ha le necessità contingenti del voto sulla giustizia. A me, se permette, interessa altro». E poi l’elenco della spesa: «l’alta velocità ferroviaria da Salerno a Palermo, il governo deve mettere sul piatto i 20 miliardi di euro di fondi Fas che ha tolto al Sud». Un vero parlamentare a progetto, anzi a pagamento. Oggi, dopo aver coronato finalmente i suoi sogni, viene da pensare, con qualche sospetto, a un’altra brillante esperienza dell’onorevole, meno nota delle altre, che nel ’90 lo vide, nelle vesti di ordinario di Ingegneria Sanitaria-Ambientale della Sapienza, impegnato come coordinatore delle attività peritali sulla torbida vicenda di Ustica. Dopo quattro anni di lavoro, in contrasto con tutte le perizie depositate in tribunale, il risultato finale delle sue indagini tecniche fu sostenere che il Dc9 Itavia la sera del 27 giugno 1980 era stato abbattuto da una bomba. Una tesi che i giudici stessi – prima i pm poi il giudice istruttore Rosario Priore – rigettarono affermando che “il lavoro dei periti d’ufficio è affetto da tali e tanti vizi di carattere logico, da molteplici contraddizioni e distorsioni del materiale probatorio da renderlo inutilizzabile” ai fini della ricostruzione della verità. Insomma la perizia Misiti era pura fantasia, puntava a dimostrare – contro ogni logica – che il Dc9 era stato abbattuto da una bomba posta nella toilette di un aeromobile decollato con due ore di ritardo, mentre un tracciato radar (quello di Ciampino) mostrava chiaramente che intorno all’aereo civile c’erano le tracce di una battaglia aerea. Quella bomba, secondo l’allora ingegner Misiti, riuscì a tirare giù l’aereo ma non a scalfire la tavoletta del water e il lavabo della stessa toilette, recuperati in mare perfettamente intatti. Una figuraccia, e non da poco. Una bocciatura complessiva del suo lavoro, ancor più che delle conclusioni, alla quale Misiti non obiettò. Non giustificò neanche il fatto, forse ancor più grave, di non aver vigilato adeguatamente sull’operato dei suoi collaboratori, al punto che addirittura due dei periti da lui coordinati erano venuti meno ai loro doveri di onestà e imparzialità lavorando in combutta con gli imputati (gli allora vertici dell’Aeronautica militare). Misiti scomparve dalla scena, salvo ricomparire in seguito come responsabile del Consiglio superiore dei lavori pubblici e poi si avviò, come detto, sulla via della carriera politica inseguendo altri progetti. Non parlò più di Ustica, per tanti anni, fino a ricomparire, sul finire del 2010, al fianco del sottosegretario Carlo Giovanardi, altro fervente sostenitore della bomba. Forse è la prima tappa del nuovo progetto di Misiti, arrivato oggi alla meta: rispolverare quell’imbarazzante perizia, magari sostenerla in ambito governativo, sperando che nessuno ricordi come andarono davvero le cose.

di Fabrizio Colarieti per cadoinpiedi.it (link originale)

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