C’è un super testimone del quartier generale della Nato che ha parlato con i magistrati di Roma della strage di Ustica. Ma c’è soprattutto la verità sulla causa che ha determinato l’abbattimento del Dc9 Itavia nelle oltre quattrocento pagine con le quali i pm Francesco Lo Voi ed Erminio Amelio hanno motivato la richiesta al gip di archiviare l’inchiesta. Restano ignoti i responsabili. Non perché irreperibili, ma perché nessuno, a partire dai paesi alleati, ha permesso ai magistrati di identificarli. E quello che c’è in questo ultimo atto sono i nomi di chi ha mentito, di chi ha depistato. E intercettazioni e testimonianze mai rivelate. I paesi che hanno fatto finta di collaborare e, ancora, i documenti desecretati. È il contorno torbido e internazionale di una strage che ha provocato 81 vittime la sera del 27 giugno 1980.
Nel 2007 è Francesco Cossiga a rompere un silenzio durato decenni. Davanti al pm dice: «Il Dc9 è stato abbattuto da un caccia partito dalla portaerei Clemenceau. L’obiettivo era Gheddafi». Le sue parole trovano eco nella recente intervista a Repubblica di Giuliano Amato, che chiama in causa i francesi. Antonio Maccanico, segretario della presidenza della Repubblica, ricorda anche un Pertini sgomento: «L’aeronautica non controllava lo spazio. Non poteva sapere cosa fosse successo». Alle rogatorie francesi e americane, risposte evasive, incomplete o secretate. I giornali di bordo delle portaerei? Parziali. I tracciati radar? Spariti. Le registrazioni? Distrutte. La Saratoga, dicono gli Usa, aveva spento i radar «per non disturbare le frequenze Tv dei napoletani». E non c’è traccia delle imbarcazioni francesi di cui parlano molti testimoni. Una bugia diplomatica.
Ma in mezzo a questi intrecci emerge una voce che sposta tutto: Giovanbattista Sparla, che quella sera prestava servizio nella sala operativa Shape della Nato a Casteau, in Belgio, come addetto dell’aeronautica militare. È lui il supertestimone che la procura ha cercato per anni. È lui che ha indicato ciò che per decenni in tanti hanno negato: quella sera, nei cieli sopra Ustica, si stava combattendo una guerra. E l’aereo è stato abbattuto. «Il Dc9 è rimasto coinvolto nella battaglia tra gli aerei americani e libici, uno dei quali avrà sganciato un missile che per errore ha colpito il velivolo civile. Ricordo di aver parlato con alcuni dei miei colleghi che erano in servizio quella sera a Marsala e questi, quando seppero che io lavoravo a Shape, mi dissero “allora tu sai tutto quello che è successo”», dice Sparla. L’uomo ha raccontato di un’esercitazione Nato, nome in codice Exercise South. Ha detto che nei tabelloni della sala operativa comparivano anche aerei francesi e americani. E ha aggiunto che la sera della strage, al centro Shape, tutti sapevano cosa era successo. Nessuno, però, ha mai avuto il coraggio di dirlo. È l’unico a dire che quella sera non fu una sera qualunque. Lo ha fatto in due verbali nel 2005 e 2009. Le autorità militari interpellate — francesi, americane, belghe — hanno negato. «Nessuna esercitazione». Ma le parole di Sparla hanno trovato conferme durante le indagini. Da altri militari, da civili, da tecnici radar, da chi, senza conoscersi, ha indicato la stessa verità: navi e velivoli militari c’erano.
Le indagini, come scrive la procura, sono state fatte «nell’unico interesse che è stato sempre quello della ricerca “della verità” e non di “una verità”, il tutto mediante un’azione investigativa diretta a soddisfare l’interesse primario e insopprimibile della giustizia e non un agire funzionale a “garantire” interessi di altro tipo». L’inchiesta ha raccolto oltre trenta testimonianze. Ha varcato i confini con decine di rogatorie: alla Nato sono state inviati 15 quesiti; agli Stati Uniti 21; alla Francia 8 ; e poi al Belgio, alla Germania, alle autorità libiche e al Canada. Nessuno ha dato indicazioni di nomi di piloti o militari impegnati quella sera sopra il mar Tirreno, dove si è combattuto una guerra. E un aereo civile è stato abbattuto. Ma i responsabili restano protetti. I nomi occultati da archivi inaccessibili. Il missile? Plausibile. L’attacco? Verosimile. Ma chi ha premuto il grilletto, resta ignoto. Così la procura ha chiesto l’archiviazione: il gip ha fissato una udienza il 26 novembre per decidere. Ma in quelle 434 pagine non c’è rassegnazione. C’è un atto d’accusa.