Strage di Ustica, ecco quanto disse alla Camera nel 1986 l’allora sottosegretario Amato

di | 6 Settembre 2023

Giuliano AmatoIn seguito alle ultime dichiarazioni sul caso Ustica, affidate a Repubblica da Giuliano Amato, riportiamo, integralmente, quanto l’ex premier disse alla Camera dei Deputati, il 30 settembre 1986, nella vesta di sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, rispondendo alle interpellanze e alle interrogazioni relative alla strage di Ustica. Di seguito riportiamo lo stenografico integrale del suo intervento nell’Aula di Montecitorio.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, rispondo oggi, a nome del Governo, alle interpellanze ed alle interrogazioni relative alla vicenda del DC 9 Itavia precipitato ad Ustica il 27 giugno 1980, assicurando la Camera e coloro che hanno presentato le interpellanze e le interrogazioni che il Governo è animato dalla stessa ansia di verità che ha mosso color o che hanno posto giustamente il problema all’attenzione della Camera. Più di sei anni sono passati da quel fatto ed ancora non conosciamo la verità. Credo che ci ò che dobbiamo alle famiglie delle vittime, al paese ed a noi stessi è fare il possibile per arrivare a tale verità. Purtroppo, l’ansia che si ha per il raggiungimento della verità necessaria in relazione a vicende gravi come quella alla quale ci riferiamo non sempre trova gli elementi capaci di soddisfarla nei tempi e nei modi dovuti. È tra l’altro pericoloso — la storia lo dimostra — quando, ricercandosi una verità, se ne confeziona una purché sia per soddisfare coloro che la cercano. Tenterò ora di esporre, con il massimo di chiarezza possibile, tutti gli elementi d i cui il Governo al momento dispone, che possono militare per l’una o l’altra ipotesi, tutti i dubbi che ancora permangono, tutto ciò che — infine — il Governo si ripromette di fare per arrivare, se possibile, a chiarire come si svolsero le cose quella sera del 27 giugno 1980. Non sto a descrivere per l’ennesima volta la vicenda, perché è stata raccontata troppe volte ed è nota a tutti. Posso ricordare — vi tornerò poi alla fine, per precisare a che punto sono coloro che se n e sono occupati — che se ne è primariamente interessata una commissione di in – chiesta, che è stata costituita immediata – mente dopo il fatto dal ministro dei trasporti, la quale elaborò una relazione nel marzo del 1982 e che è poi sopravvissuta alla relazione, senza tuttavia produrre ulteriori atti formali, anche perché nel frattempo era stata avviata l’indagine giudiziaria, presso l’ufficio istruzione del tribunale penale di Roma, dove l’indagine stessa è tuttora in corso.

Disponiamo di elementi che risalgono a quella relazione; disponiamo di elementi di cui probabilmente non dovremmo disporre perché, in base alla legge, esiste il segreto istruttorio sulle indagini giudiziarie in corso. Via via, però, da molte indagini giudiziarie sono emersi alcun i elementi. In base a ciò che è stato accertato, sappiamo che sono tre le ipotesi formulate, anzi due con la seconda di queste divisa in due sottoipotesi, sulle cause dell’incidente. La prima, quella che nell’immediato acquistò maggior credito, salvo a perderlo successivamente, fu l’ipotesi della decompressione rapida dell’aereo da cedimento strutturale. La seconda fu quella della decompressione esplosiva, da ordigno (bomba, ovvero missile). La tesi della decompressione rapida da cedimento strutturale ebbe credit o nell’immediato, e fu fatta circolare, per una serie di ragioni che successivamente portarono alla scomparsa della compagnia alla quale l’aereo apparteneva. Essa era in qualche modo avvalorata anche dal fatto che l’aereo non era probabilmente tra i più solidi che circolassero nei cieli del mondo. Si trattava certamente di un aereo in regola con le norme di sicurezza, come risulta dagli atti della commissione di inchiesta, ma che aveva subìto una serie di incidenti, nella sua lunga vita, riportati nell’allegato n. 2 della relazione elaborata dalla commissione istituita dal ministro dei trasporti: sostituzione di motori, motore che si era fermato in volo, in salita (è qualcosa di agghiacciante per chi legge, anche se enunciato nel linguaggio burocratico con cui vengono redatte queste relazioni!), atterraggio sulla fusoliera nell’aeroporto di Cagliari, e così via. Peraltro, nelle diverse occasioni i pezzi erano stati sostituiti e l’aereo risultava quindi, come ho già detto, in regola. La decompressione rapida da cedimento strutturale viene con fermezza esclusa dalla commissione ministeriale presieduta dal dottor Luzzati, che nella sua relazione adduce tre elementi idonei ad avvalorare tale convincimento.

In primo luogo, la rottura del cono di coda — riferisce la relazione — si è innescata in corrispondenza della parte inferiore e si è prodotta sotto una violenta sollecitazione di flessione agente dal basso verso l’alto. Ciò esclude che il tronco di cono si sia separato in aria con una sovrappressione determinatasi all’interno.

In secondo luogo, va ricordata la velocità con cui varie particelle sono penetrate nei cuscini dell’aereo: si tratta di un evento comunemente associato alla deflagrazione da ordigno esplosivo. La relazione riferisce che sono stati condotti degli esperimenti al riguardo, nonché dei raffronti con casi effettivamente verifica – tisi di decompressione rapida da cedimento strutturale: ora, in quei casi non si era verificato un fenomeno del genere. In altre parole, i frammenti sono penetrati con una velocità tale, e quindi con una profondità di penetrazione tale da implicare l’evento esplosivo. È stato altresì effettuato il raffronto — apprezzabile anche da coloro che non sono esperti della materia — con incidenti verificatisi per cedimento strutturale. In tutti i casi considerati, l’aereo era rimasto suscettibile di guida, sia pure con difficoltà. Al momento in cui accadde l’incidente di Ustica, risultava che nessuno degli aerei rimasti vittime di cedimenti strutturali era andato perduto. Successivamente, si verificò il ben noto caso del Jumbo giapponese, che non arrivò a terra felicemente, e tuttavia poté ancora essere guidato. Ciò significherebbe che la decompressione da cedimento strutturale è caratterizzata da tempi più lunghi di quelli rapidissimi (tra due battute di radar: quindi, una questione di pochi secondi) che hanno caratterizzato l’incidente di Ustica.

In epoca posteriore alle indicazioni che sono state elaborate al riguardo dalla commissione, una quarta indicazione — quella definitiva, direi — è pervenuta dall’istruttoria condotta dall’autorità giudiziaria, ad escludere il cedimento strutturale. Mi riferisco al reperimento di esplosivo su frammenti dell’aereo. Era stata l’autorità giudiziaria a commissionare l’indagine ad una pluralità di laboratori italiani ed inglesi, ed unanime fu l’indicazione della presenza del T4. Fra l’altro, ho letto sul Corriere della sera di oggi — che, come anche altri giornali, riesce spesso ad acquisire elementi di cui il Governo non sempre è in grado di disporre — una notizia che, ricollegandosi alla istruttoria giudiziaria, riferisce, meglio di quanto possa fare io, sul T4 trovato sui frammenti dell’aereo. Il T4 è un esplosivo che si usa tanto nelle testate dei missili aria-aria quanto nelle bombe ad alto potenziale e nelle mine. Siamo, quindi, alla ipotesi di esplosione. La relazione della commissione, a cui faccio riferimento, si chiude dicendo «esplosione dentro, esplosione fuori, esplosione da bomba, esplosione da missile?». Il T4, di cui ora parlavo, di per sé non fornisce alcuna risposta. A quanto affermano i tecnici è possibile distinguere la composizione chimica del cocktail di esplosivo presente in una testata missilistica da quella di una bomba, però questo cocktail non è più rinvenibile nelle tracce, anche perché le altre componenti chimiche potrebbero essere andate disperse e quindi noi sappiamo solo che era presente il T4; condizione necessaria e non sufficiente per ciascuna delle due ipotesi. Con la facilità con cui troppo spesso si scrive di queste cose sulla base del primo sentito dire e non della necessaria, approfondita analisi, qualcuno, giorni addietro, ha scritto su un giornale che tuttavia il T4 è sufficiente ad identificare o una bomba o un missile di provenienza orientale; se non sbaglio, un missile di provenienza orientale, perché solo in quelle aree del mondo il T4 sarebbe usato a questi scopi. Non risulta che sia così. Il T4 non identifica la nazionalità di alcun ordigno perché è usato in oriente e in occidente.

SALVATORE RINDONE (Partito Comunista Italiano). Allora, l’aveva ordinato Gheddafi di non parlare per tutti questi anni!

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Non so chi lo avesse ordinato; certo è che non è colpa mia se una risposta facile, che risolverebbe tanti problemi, non può essere data perché è sbagliata.

Disponiamo per andare avanti — al di là del T4 e avventurandoci in una delle due ipotesi — ancora degli elementi raccolti dalla commissione d’inchiesta, sui quali ancora mi soffermo perché anche se la commissione è di non recente istituzione e la relazione è ormai vecchia, il fatto che un documento sia tale non significa che non sia stato studiato abbastanza per ricavarne tutto quello che se ne può ricavare.

Non c’è dubbio, la commissione d’inchiesta conclude lasciando il quesito aperto e tuttavia gli elementi che fornisce inducono il lettore, qualunque sia, a propendere, sulla base di quella lettura, per l’ipotesi del missile.

Il documento della commissione mette in evidenza due punti in particolare, a questo riguardo. Il primo è il lavoro di laboratorio compiuto su un frammento del vano carrello trovato nel corpo di una passeggera. La relazione mette in evidenza che il frammento si trova in condizioni di normalità in una zona che è avviluppata da componenti strutturali massicci ed è separata dalla cabina. In una zona inferiore e con il carrello up, come era in quel momento (l’aereo era ancora a 25 mila piedi e quindi ben lontano dalla zona di atterraggio) un frammento del genere è molto ben chiuso.

«La penetrazione nel corpo della passeggera sarebbe tale — dice la relazione — da implicare che il frammento abbia trovato via libera tra il punto nel quale è stato scardinato e il corpo della passeggera. Il frammento stesso — si sottolinea — non ha altri segni di urti o sfregamenti oltre quello che lo ha distaccato».

Quindi, se ha trovato via libera la domanda implicita, ma che si può rendere esplicita, è questa: è possibile che un ordigno all’interno dell’aereo abbia potuto creare questa via libera tra la parte inferiore della fusoliera e l’interno in cui si trovava la passeggera?

«Sulle salme recuperate (dice la relazione) non sono state rinvenute tracce di conflagrazione di ordigno esplosivo posto in loro stretta vicinanza per l’assenza, anche all’esame radiografico, di schegge di ordigni del genere, per l’assenza di azione di fiamma, per la negatività degli esami tossicologici».

Ci sono numerose salme che hanno trattenuto in sé frammenti, ma si tratta sempre di frammenti dell’aereo. C’è infine la questione delle tracce radar, e questa è, per la verità, la questione più controversa, sulla quale è doveroso da parte mia esporre con esattezza gli elementi di dubbia interpretazione, sui quali da tempo io ed altri stiamo riflettendo, così che anche i colleghi possano esaminarli. I radar in questione sono due. Si è scritto, tra l’altro, «uno civile ed uno militare». Non è così: a quel tempo erano tutti radar militari, perché la «civilizzazione» dei controllori di volo sarebbe avvenuta alcuni mesi dopo, nell’ottobre del 1980, se non ricordo male; quindi, tanto il radar Ciampino ATCAS, che seguiva il traffico civile, quanto i radar per la difesa aerea di Licola e Marsala, erano radar militari. Come dirò, per nessuno dei nastri rilevanti è stato mai opposto il segreto di Stato, così come su nessuna parte di questa vicenda c’è segreto di Stato. Questo è un altro equivoco nel quale si è caduti ripetutamente: se segreto esiste, è quello istruttorio, che copre, credo, anche ciò che abbiamo letto sul Corriere della sera, e che riguarda un’indagine giudiziaria in corso.

Da parte del Governo non sono stati opposti segreti di Stato per questa vicenda, al di fuori di un segreto fatto valere fin dall’inizio non tanto per i nastri, quanto relativo alle caratteristiche tecniche intrinseche dei radar difesa aerea; ma non — ripeto— sulle risultanze del loro funzionamento. Procediamo comunque con ordine.

La commissione d’inchiesta e altri organismi hanno potuto lavorare sul radar che segue il traffico civile ATCAS; dirò poi perché non è stato acquisito alcun elemento rilevante dal radar difesa aerea. Questo radar presenta diversi segni, ma in particolare tre allineati orizzontalmente, da ovest verso est, in direzione dell’aereo, che sembrano indicare la velocità di 700 nodi, che può essere solo quella di un caccia, perché è supersonica. Questi segni sono stati oggetto di interpretazioni diverse. La Selenia, che ha esaminato la traccia per nostro conto, come riferisce la commissione di inchiesta, ha formulato due ipotesi distinte.

In base alla prima, questi segni sono scarsamente rilevanti: potrebbero essere frammenti, o luci non riscontrate. Secondo l’altra ipotesi, sono attribuibili ad un velivolo, che andasse appunto alla velocità di 700 nodi, che sarebbe passato nelle vicinanze, senza entrare in collisione con il DC9.

L’organismo americano per la sicurezza del traffico aereo, il National Transportation Safety Board, ha invece attribuito con maggior certezza questi tre segnali ad un mezzo aereo — palesemente, a quel punto, un caccia — che sarebbe passato accanto al DC9.

Due esperti, ripetutamente intervistati, soprattutto dal Corriere della sera — che ha un giornalista che meritoriamente da anni segue questa vicenda, Purgatori — hanno ribadito questa loro interpretazione: si è trattato di un velivolo. I radar militari hanno dato o no conferma? Mi correggo: i radar difesa aerea, perché tutti, torno a dire, erano militari. Perché questi radar non hanno dato conferma? C’è stata una notevole confusione sulla disponibilità dei nastri.

Si parlò a suo tempo del fatto che il nastro relativo al radar di Marsala avesse un buco che andava da quattro minuti prima a quattro minuti dopo l’incidente e che tale buco era stato determinato dal fatto che l’operatore radar stava facendo svolgere un’esercitazione ad un allievo e quindi aveva sostituito il nastro.

Per converso, la Commissione d’inchiesta precisa che il buco di cui si parla comincia quattro minuti dopo l’incidente. Non capisco come si fosse potuta diffondere l’idea che esso partisse da quattro minuti prima dell’incidente protraendosi fino a quattro minuti dopo. Infatti, il nastro che riguarda il momento dell’incidente di Marsala fu sequestrato dal dottor Santacroce ed è agli atti dell’istruttoria. In realtà, vi è stato un cambiamento dei nastri effettuato proprio nel momento indicato dalla commissione d’inchiesta, cioè quattro minuti dopo l’incidente; sostituzione fatta per gli scopi detti. La sostituzione del nastro desta interrogativi sospetti? Perché è stato tolto in quel momento? Sarà vero o sarà falso che il motivo era una esercitazione? Queste domande sono legittime. L’ unica spiegazione maliziosa della sostituzione potrebbe essere che qualcuno, togliendo a quel punto il nastro, volesse cancellare le tracce che ormai risultavano segnate.

Mi è stato spiegato che ciò è tecnicamente impossibile perché quel nastro avrebbe potuto essere o smagnetizzato, azzerando tutte le tracce, o riutilizzato azzerando e riscrivendo qualcosa. Non era, quindi, suscettibile di manipolazione. Questo ci è stato riferito, per cui il nastro che è nelle mani dell’autorità giudiziaria copre il periodo dell’incidente ed è quello che racconta ciò che Marsala vide. Marsala non vide nulla, così come non vide nulla Licola. Le ragioni possono essere diverse: Licola dista circa 130 chilometri in linea d’aria dal luogo dell’incidente, cioè poco meno di Ciampino; Marsala è molto vicina, però, rispetto alla zona dell’incidente, si trova Monte Erice davanti ed è in grado di cogliere, in quella fascia di cielo, soltanto ciò che si muove al disopra dei 15 mila piedi.

I casi sono due: che, in realtà, quelle tracce fossero non significative, oppure che Marsala non avesse visto nulla perché c’era un aereo sotto i 15 mila piedi. Esaminiamo le due ipotesi.

La prima è ritenuta plausibile da molti esperti in relazione alle differenze tecniche tra i radar traffico civile e i radar difesa area. Questi ultimi trattengono soltanto i segni che riflettono oggetti che rimangono in volo con una permanenza adeguata nel tempo, propri o per evitare che scattino reazioni di tipo militare per un segnale che è un’effemeride ed hanno pertanto una cadenza più lunga. I tre segnali ritenuti rilevanti dagli americani sono tre e solo tre, non sono preceduti e non sono seguiti da altri. Se lo fossero stati — si dice — la difesa aerea li avrebbe percepiti. Poteva trattarsi di un aereo che viaggiava al di sotto di 15 mila piedi? È abbastanza problematico e difficile verificare tale circostanza dato che bisogna tener conto del fatto che, se di aereo parliamo, parliamo di aereo che ha sparato un missile. Allora, bisogna considerare le caratteristiche dei missili. Di sicuro non si trattava di un missile a raggi infrarossi che viene guidato dal calore e che avrebbe, pertanto, colpito l’aereo da dietro in posizione pressoché orizzontale. Poteva trattarsi di un missile semi-attivo, e cioè del tipo di quelli che hanno un radar guidato dal radar dell’aereo che lo lancia che deve illuminare il bersaglio fino al punto in cui il missile arriva? In questo caso l’aere o avrebbe dovuto comparire a lungo, avvicinandosi al bersaglio, fino al momento in cui lo avesse colpito, e poi avrebbe dovuto schivarlo.

Un’ipotesi veramente problematica è poi che potesse essersi trattato di un missile cosiddetto attivo (che però è a lunga distanza), sparato da sotto i 15 mila piedi, e perciò non visto da Marsala; in questo caso, tuttavia, l’aereo avrebbe dovuto essere quasi in verticale per avere nel suo angolo di tiro un aereo che stava 10 mila piedi sopra. D’altra parte, se l’aereo andava a velocità supersonica, poteva non «sfondare» quota 15 mila e non rendersi visibile? Espongo queste domande perché investono problemi aperti: francamente non ho risposta a queste domande. Mi trovo, da un lato, una relazione i cui elementi tecnici sembrano portare verso l’ipotesi del missile; dall’altro, mi trovo una delle tematiche rilevanti, quella dei radar, che è da alcuni intesa in un modo, da altri intesa in un altro.

Voglio aggiungere una cosa, che credo in un Parlamento democratico debba essere detta a proposito di qualunque organo tecnico svolga una qualsiasi funzione: è un’illusione quella che gli organi tecnici siano fino in fondo neutrali. Anche con la massima buona fede, ciascun organo tecnico finisce sempre per risentire di talune influenze piuttosto che di certe altre; è possibile che un organo tecnico in un certo apparato sia più sensibile alle ragioni del Registro aeronautico che ad altre; che un organo tecnico di un paese in cui c’è una compagnia aerea sia più sensibile alle ragioni di quella compagnia che ad altre.

Pertanto, davanti ai referti tecnici, non invidio i giudici ai quali il codice di procedura penale assegna il ruolo di perito dei periti, che deve trovare la verità affidandosi a perizie rispetto alle quali assume il ruolo di superperito. Sicuramente è problematica la questione delle tracce radar.

GIUSEPPE PERNICE (Partito Comunista Italiano). Insufficienza di prove, allora!

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Io invidio chi si sente così sicuro davanti alle cose insicure, perché così può trovare un colpevole; e ci sono innumerevoli libri sul capro espiatorio, che ne spiegano il congegno psicologico.

GUIDO POLLICE (Democrazia Proletaria). Non stia a fare dello spirito: stanzi 6 miliardi e recuperi l’aereo!

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. A che punto siamo? Le ipotesi che fino ad ora sono state formulate sono tutte attendibili ed inattendibili. Il Ministero della difesa ha sempre escluso che fossero in corso manovre NATO e manovre italiane, il che qualunque interprete farisaico di documenti potrebbe intendere nel senso che non c’erano aerei NATO, né aerei italiani; ma l’universo degli aerei è più ampio di questo.

Venne identificato come colpevole un aereo libico, trovato una ventina di giorni dopo in pezzi in Calabria (la cosa è stata ripresa da La stampa). Gli elementi a disposizione del Governo portano ad escludere che si fosse trattato di quell’aereo. Il referto medico disse che il pilota era morto poche ore prima; inoltre, l’aereo risultava sprovvisto di armamento (non è che avesse uno o più missili in meno: non era proprio attrezzato per sparare missili); e così ci siamo persi un facile colpevole.

La bomba? Si è parlato (una delle interrogazioni lo chiede, e mi scuso se non ricordo quale) di terroristi a bordo. Ci fu soltanto una telefonata, uno o due giorni dopo, se non sbaglio, al Corriere della sera, in cui si parlava di un neofascista che doveva compiere un attentato a Palermo; era una telefonata anonima che non ebbe alcun riscontro successivamente. Altre indicazioni concrete in tal senso non ne esistono.

Voglio ricordare un’altra ipotesi che è stata formulata, e che però è contraddittoria con la presenza del T4. Ne riferisco con l’avvertenza che essa deve ancora essere verificata, perché mi è stata prospettata pochi giorni fa ed ancora non dispongo di elementi di controllo; tuttavia, vi faccio ugualmente cenno, nello spirito di ricerca che è doveroso avere. Pare che a bordo dell’aereo vi fossero dei sub ed è possibile che avessero, collocate nel vano bagagli, delle bombole che, se fossero state pressurizzate in modo non adeguato, avrebbero anche potuto esplodere. Se però un’ipotesi del genere fosse di per sé accreditabile, rimarrebbe tuttavia il problema dell’esplosivo: da dove diavolo viene questo T4? Non certo da bombole di sub! Quindi l’ipotesi non quadra con un elemento a nostra disposizione.

Tanto la commissione d’inchiesta quanto l’autorità giudiziaria si sono trovate davanti a questo problema. Andiamo allora a vedere il relitto: non è detto che ci dia una risposta soddisfacente, ma è l’unico elemento che ancora non abbiamo acquisito e che ci potrebbe dare una risposta soddisfacente.

A suo tempo, la commissione d’inchiesta avanzò una proposta in tal senso al ministro dei trasporti il quale, alla fine del 1982, predispose uno schema di disegno di legge per il recupero del relitto, prevedendo una spesa di 10 miliardi. Una lettera del gabinetto della Presidenza del Consiglio del marzo 1983 affermò però che «la difficile situazione economica non consente di reperire, al di fuori dei fondi in dotazione al Ministero dei trasporti», quei 10 miliardi, ed invitò il Ministero a fare da solo. Da quel momento la cosa risulta arenata.

TOMASO STAITI DI CUDDIA DELLE CHIUSE (Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale). Basterebbe rivolgersi a qualche USL della Sicilia o della Calabria!

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Nel marzo del 1986, il presidente della commissione Luzzati ha scritto al ministro dei trasporti dicendo che «la commissione è sopravvissuta a se stessa, ma potrà avere ancora un ruolo soltanto» se in qualche modo si arriverà al recupero del relitto. Ove a questo non si dovesse arrivare, la commissione potrebbe essere ritenuta ormai inutile, e quindi da sciogliere.

A sua volta il giudice (attualmente, come tutti sanno, il caso è affidato al dottor Vittorio Bucarelli, giudice istruttore presso l’ufficio istruzione del tribunale penale di Roma) si è trovato di fronte allo stesso problema e ne ha scritto, con un rapporto in data 1° settembre 1986, al consigliere istruttore, al presidente del tribunale, al presidente della corte d’appello, al ministro della giustizia, riferendo i quesiti posti ai suoi periti.

A questo proposito — va detta la verità — tutte le volte che si costituiscono commissioni di inchiesta governative o parlamentari contemporaneamente allo svolgimento di indagini giudiziarie si creano problemi di rapporti tra le due indagini: il giudice istruttore, ancorché abbia iniziato dopo il 1982 la sua indagine, ha dovuto ricominciare da capo, perché la legge non gli consente di prendere per buoni i risultati di una inchiesta amministrativa, nonostante debba accertare sostanzialmente le stesse cose con i suoi periti. E questo spiega le ragioni per le quali il giudice Bucarelli non è ancora arrivato a conclusioni.

Dicevo che il giudice illustrava in quel rapporto i quesiti posti ai suoi periti, quesiti che sono fondamentalmente analoghi a quelli cui aveva cercato di rispondere la commissione di inchiesta.

Si parla anche delle richieste di acquisizioni fatte dai periti e del fatto che a suo avviso, e ad avviso dei periti, occorre recuperare il relitto, per la qual cosa chiede non un disegno di legge al Governo ma di poter, ai sensi delle leggi e dei regolamenti che governano il processo, disporre la spesa come spesa di giustizia. Trattandosi però di una spesa piuttosto ingente, non prevista da una tariffa che risale al secolo scorso e che ignora televisione, radio, automobile e tutto quello che è stato inventato in questo secolo, essa dovrebbe essere disposta dal giudice sotto la sua personale responsabilità, che poi un domani la Corte dei conti potrebbe far valere. Giustamente, dunque, il giudice vuole avere assicurazioni sul fatto che questa spesa di giustizia abbia una copertura da parte del Governo.

Quindi, siamo a questo punto. Non ci sono altre indagini in corso, ed è errato in particolare affermare che ne abbia in corso una il SISMI. Non so per quale motivo da una riunione del comitato interministeriale per la sicurezza sia stata tratta l’idea che il SISMI avesse avuto in quella riunione l’incarico di fare una inchiesta. Il SISMI ha fatto soltanto tre, quattro accertamenti, ma non è stato sovrapposto a nessun altro organo, relativamente alle condizioni della difesa radar ed a ciò che i servizi collegati fossero in grado di dire o non dire sull’argomento; e nulla di rilevante sino a questo momento è emerso.

Il Governo a questo punto ha ritenuto e ritiene che si debba procedere scegliendo una delle strade (la più sollecita) utili al recupero del relitto. Abbiamo fatto due cose. Innanzi tutto, abbiamo preso contatto con gli americani che sono pronti, sulla base di una richiesta da Governo a Governo, a mandare nella zona un sommergibile ad alta profondità, che fotografi il relitto; al limite, questo potrebbe anche risultare sufficiente, qualora le fotografie fossero adeguatamente chiare ed esplicite. Consideriamo comunque questo un fatto — come dire — possibile e preliminare.

Il Governo può presentare un disegno di legge e sarebbe pronto a farlo, giacché il Ministero dei trasporti lo ha già predisposto. Inoltre, si è svolta nel mio ufficio, venerdì scorso, una riunione con i colleghi del Ministero di grazia e giustizia e con i magistrati dell’ufficio istruzione del tribunale di Roma, nella quale è stata data assicurazione all’ufficio istruzione che il Ministero di grazia e giustizia avrebbe scritto (e probabilmente lo ha già fatto) per confermare che valuta la spesa per il recupero del relitto una spesa di giustizia da coprire di là dalle previsioni della tariffa; io mi sono poi in particolare impegnato a riferire al Parlamento questa intenzione del Governo, con l’auspicio e l’aspettativa che in sede parlamentare questa posizione possa essere condivisa, affinché un domani la Corte dei conti non abbia a ritenere che questo giudice, facendo spendere alcuni miliardi allo Stato per una perizia un po’ anomala, abbia fatto cosa per la quale debba essere personalmente perseguito sul piano patrimoniale.

Ci avviamo quindi al recupero del relitto. A che cosa potrà servire? Forse a nulla, nel caso in cui le caratteristiche del relitto non siano significanti né in un senso, né nell’altro; forse potremo avere la conferma dell’una o dell’altra delle due ipotesi che ormai possono ritenersi accreditate, e cioè quella della bomba dentro o del missile da fuori.

Sicuramente, un relitto che sta lì da sei anni non porta il nome e il mittente, né di una bomba né di un missile; e tuttavia trovare il relitto, e la speranza è di rinvenire in esso caratteristiche significanti, porrà fine ad una situazione d’incertezza nella quale chiunque può dire che è un’altra, l’ipotesi, rispetto ad un’ipotesi che possa essere accreditata come vera. Il recupero potrebbe permetterci di accertare, di là da ogni ragionevole dubbio, che s’è trattato o dell’una cosa o dell’altra. A quel punto, se a questo mondo ci sono reticenze sulla vicenda, saremo più forti per vincerle. Se qualcuno che sa, tace, e sta continuando a tacere, avremo più forza perché cessi di tacere. La questione si pone in questi termini.

PRESIDENTE. L’onorevole Rodotà ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per l’interpellanza Codrignani n. 2-00778, di cui è cofirmatario.

STEFANO RODOTÀ (Sinistra Indipendente). Signor Presidente, colleghi, signor rappresentante del Governo, l’onorevole Amato è stato assai più prudente in questa risposta agli interroganti ed interpellanti di quanto non fosse stato il Presidente del Consiglio, nel rispondere alla sollecitazione che era venuta dallo stesso Presidente della Repubblica che (io vorrei che non si dimenticasse) era il Presidente del Consiglio all’epoca in cui l’incidente ebbe luogo. Quella risposta del Presidente del Consiglio al Presidente della Repubblica fu detta, ed io condivido il giudizio, peggiore di un silenzio.

A me tocca, come vuole il rito parlamentare, dichiararmi soddisfatto o insoddisfatto. Chiarirò perché sono insoddisfatto. L’onorevole Amato ci ha dato prova di un pregevole sforzo interpretativo dei dati tecnici, vecchi dati tecnici di una vecchia commissione, sui quali molti si erano già esercitati. Ha fatto un’ammissione importante, ad un certo momento, manifestando una sorta di propensione, ma non più che tanto, per l’incidente determinato da un agente esterno, da un missile

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Posso cercare di dirlo in questi termini: è la commissione che presenta gli elementi in modo tale da indurre il lettore a

STEFANO RODOTÀ. Benissimo, d’accordo, su questo tipo di interpretazione posso assolutamente convenire.

E non si è nascosto, l’onorevole Amato (questo è, come si usa dire, un atto di onestà intellettuale) che, poi, ogni organo tecnico si muova secondo criteri che non sono quelli dell’astratta neutralità, ma della situazione concreta, dei rapporti che intrattiene con altri settori dell’organizzazione pubblica e privata.

Ma il tema, così come si era andato ponendo, sollecitando interventi diversi (quello dello stesso Presidente della Repubblica, ripeto), si era andato evolvendo al di là della pura interpretazione dei dati tecnici. Tra le risultanze della commissione e ciò che è oggi sono avvenuti diversi fatti, di cui credo dobbiamo tenere conto, di cui sottolineerò l’importanza e che mi pare motivino, poi, l’insoddisfazione che ho già dichiarato.

Se, ad esempio, io, seguendo l’onorevole Amato, utilizzo il lavoro utilmente fatto oggi, come in passato, da Andrea Purgatori del Corriere della sera, trovo anche altre domande, che sono poi quelle che l’opinione pubblica si è, non per malizia, ma sulla base di dati testuali abbastanza inquietanti, venuta ponendo. Ne ricordo due: qualcuno depistò le indagini? I nostri servizi segreti collaborarono ed in quale forma all’indagine giudiziaria? Il sottosegretario Amato ha citato i l nome di Marco Affatigato, facendolo di passata e molto rapidamente.

Spiego invece perché questo riferimento è importante, e leggo da pagine 837 ed 838 della sentenza istruttoria relativa alla strage di Bologna: «L’ipotesi di un coinvolgimento di Affatigato nell’esplosione si rivelò ben presto destituita di fondamento. Ciò non di meno essa servì a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal sospetto di responsabilità militari nella distruzione dell’aereo civile. Soltanto qualche anno dopo fu possibile comprendere che l’operazione, con ogni probabilità, era stata condotta dal SISMI, organo materialmente competente per tale genere di faccenda, al fine di disorientare l’opinione pubblica e mascherare la delittuosa imprudenza dei reparti impegnati in una esercitazione militare».

Questo riferimento testuale si comprende meglio nel contesto generale della sentenza istruttoria e del lavoro svolto dai giudici bolognesi, perché è bene ricordare che la vicenda dell’aereo di Ustica si compie un mese e tre giorni prima della strage alla stazione di Bologna. In entrambe le ipotesi, come hanno accertato i giudici bolognesi, compare il nome di Marco Affatigato in funzione di depistaggio, tanto nell’ipotesi di Bologna quanto in quella di Ustica. A questo punto non voglio trarre, seguendo il prudente modo di argomentare dell’onorevole Amato, conclusioni definitive; però ciò che avevamo il diritto di ottenere dal Governo non era un’ulteriore prudente ed intelligente interpretazione dei dati tecnici, bensì una risposta che rientrasse nelle competenze specifiche dell’esecutivo, ed in particolare della Presidenza del Consiglio.

Le domande che vorrei rivolgere più puntualmente sono le seguenti: è stato svolto un lavoro di accertamento nella direzione indicata, e può la Presidenza del Consiglio escludere che l’ipotesi formulata dai giudici di Bologna sia rilevante, e cioè che sia stato tenuto da parte del SISMI un comportamento tendente a depistare le indagini che riguardavano l’incidente di Ustica?

Come osserva un intelligente studioso dei problemi connessi ai servizi di sicurezza (mi riferisco a Giuseppe De Lutiis), ci troveremmo di fronte ad un fatto strano, e cioè che, mentre in passato si è cercato di nascondere una strage dietro qualcosa di diverso, questa volta si è voluto far passare per strage o attentato un episodio gravissimo, che comunque strage non sarebbe.

Questa è la prima domanda alla quale non abbiamo avuto risposta. Tale domanda, ripeto, non è posta solo da noi, ma da un documento del peso di una sentenza istruttoria come quella di Bologna, ed è suscettibile di verifica. La verifica puntuale può però essere compiuta solo dal Governo.

Seconda questione. L’onorevole Amato ha affermato che al momento del disastro erano in funzione tutti i radar militari, alcuni dipendenti dalla difesa aerea territoriale, altri dal centro di Ciampino. Vorrei rivolgere a questo punto una domanda che si riferisce all’eventuale accertamento effettuato nella direzione che indicherò. È presumibile (io ritengo certo, data la situazione) che fossero in funzione in quel momento altri due sistemi radar, e precisamente quello di controllo NATO di Birgi…

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Quel radar non rilevò alcuna traccia.

STEFANO RODOTÀ …ed uno posto sulla nave francese Clemenceau che si trovava in zona. Il Presidente del Consiglio si è preoccupato di svolgere accertamenti nelle direzioni istituzionali, e cioè nei confronti del ministro della difesa dell’epoca e dell’allora capo di stato maggiore dell’aeronautica, poi capo di stato maggiore della difesa, Bartolucci? Quali sono, da parte dei due responsabili istituzionali, le versioni relative agli accertamenti compiuti in quella fase? Ciò è molto rilevante, più che non l’interpretazione dei dati tecnici.

Dalla rilevazione dell’insieme dei dati possono dedursi elementi atti a valutare il passo suggerito dall’onorevole Amato, e cioè il recupero del relitto. Ma vi è un’altra domanda che formulo. C’è stata una singolare resistenza dell’amministrazione militare a consentire al giudice Santacroce, allora investito dell’indagine, di interrogare l’operatore del centro radar di Licola. Per due volte, adducendo motivi puramente burocratici, è stata rifiutata la possibilità di questo interrogatorio, che è avvenuto solo in un momento successivo, molto lontano nel tempo.

In più si attende una risposta del Governo proprio in merito al nome di questo operatore, che non si comprende perché venga tenuto segreto dal giugno 1985, data in cui è stata presentata dal senatore Eliseo Milani un’interrogazione in materia. C’è dunque un insieme di quesiti ai quali risposta non è stata data, e sono quesiti non secondari, come ben si vede.

Così come mi sorprende in qualche misura, perché la notizia era stata data con grande rilievo il 7 settembre da parecchi giornali, il silenzio rispetto alla dichiarazione, che sembrava di fonte ufficiale, della Presidenza del Consiglio della volontà di costituire lì una commissione d’inchiesta…

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Proprio per evitare in qualche modo le sovrapposizioni che pure ci sono state tra commissione d’inchiesta e autorità giudiziaria nella fase iniziale, ed avendo iniziato un lavoro di collaborazione efficace con i giudici che ora si stanno occupando della questione presso il tribunale di Roma, abbiamo deciso (questo lo dovevo dire proprio come ultima cosa, ma parlando a braccio a volte mi dimentico qualche punto, anche quelli importanti), d’accordo con l’ufficio istruzione, di arrivare al reperimento del relitto e, in relazione a quello che questo potrà dirci, valutare insieme a loro se ci sono aspetti per i quali è più utile e più semplice ottenere delle verità possibili attraverso una commissione d’inchiesta governativa oppure lasciar fare interamente a loro. Questo lo volevo dire, e mi scuso per essermene dimenticato.

STEFANO RODOTÀ. Io ringrazio molto di questa precisazione che però, devo dire la verità, non è che mi tranquillizzi molto. Anche se non sono un appassionato delle commissioni, rispetto alle questioni che ho cercato di ricordare mi sarei sentito molto più garantito se fosse venuto l’annuncio della costituzione di questa commissione.

Comprendo la volontà di non intralciare il lavoro dell’autorità giudiziaria e non creare duplicazioni, ma in certi casi i dati sono già davanti a noi e sono molti. Sono quelli che ho ricordato, e soltanto nella sede propria, quella di una commissione presso la Presidenza del Consiglio (non sono certamente i servizi segreti che possono essere chiamati ad indagare su se stessi), solo in quella sede sarebbe stato possibile dare una risposta a queste domande.

Perché mi sembrano importanti queste domande? L’onorevole Amato mi consente di capovolgere l’ordine di ragionamento che ha poi alla fine del suo intervento sottoposto all’Assemblea. Io non trascuro affatto l’importanza e la sottolineatura dell’ulteriore acquisizione di dati tecnici, che può venire o dalla fotografia a grande profondità o addirittura dal recupero del relitto, per stabilire quale sia stata la meccanica dell’incidente.

Però io ho un timore, e lo dico con molta franchezza in questo momento. Noi abbiamo assistito in tutta questa storia a continui tentativi di rinviare proprio l’accertamento di quelle che erano le responsabilità a livello politico-amministrativo. Può darsi che non ce ne siano, ma è certo che il tentativo, nonostante le ripetute sollecitazioni, non è stato fatto; il tentativo è stato, sempre, quello di affidare a più o meno probabili indagini di carattere tecnico la prosecuzione dell’inchiesta, per farne, come ha detto oggi l’onorevole Amato, una sorta di grimaldello per vincere le reticenze, semmai queste vi siano. Ricordo l’iniziativa, che non voglio definire con termini particolarmente pesanti ma che posso definire stravagante, di quei magistrati che proponevano, addirittura, un viaggio a Seul per andare ad acquisire dati relativi all’abbattimento del Jumbo coreano; dati sicuramente accessibili, senza bisogno di viaggi così costosi e non coperti da preventive garanzie parlamentari sulle spese della giustizia.

L’analisi ulteriore dei vari elementi che sono già tecnicamente disponibili tende ad incentivare la propensione verso l’ipotesi dell’impatto dall’esterno che ci ha ricordato l’onorevole Amato come suggerita dalla commissione (perché anche dal reperto radar il fatto che i frammenti si orientino in una sola direzione e non assumano la forma di rosa è ritenuto elemento che giustifica l’interpretazione dell’impatto dall’esterno piuttosto che un’altra); tuttavia non vorrei che l’accento posto in questo momento sull’opportunità di accertamenti assai onerosi per l’erario, oltre che, forse, lunghi nel tempo, impedisse che essi siano sostituiti da un accertamento di responsabilità specifica in questa vicenda.

Ma non ritengo, come è ovvio, le due cose alternative, e mi permetto di sottolineare l’attenzione sul primo punto. E ciò per due ordini di ragioni, che mi accingo ad esporre.

In primo luogo, non sono affatto convinto che il giorno in cui si dovesse accertare che l’incidente è derivato da un’esplosione esterna all’aereo le reticenze sarebbero vinte più facilmente. A quel punto, infatti, accertato quello che è un dato di verità, sarebbe forte la propensione di dire che cosa si voglia, perché sarebbe stata ricostruita la dinamica dell’incidente e quindi ad essa bisognerebbe fermarsi, individuando le responsabilità e chiudendo così il problema nel modo più giusto per le vittime, senza procedere in altre direzioni.

Vedo dunque un rischio, oltre che nel ritardo, anche nell’incentivazione di procedimenti di copertura, perché, quale che sia il risultato dell’accertamento in sede tecnica, noi dobbiamo fare chiarezza a livello politico ed amministrativo. Troppo gravi sono infatti i sospetti che incombono su questa vicenda e quindi, nello stesso spirito con cui il sottosegretario Amato ci è venuto a parlare (ed è questo il motivo della mia insoddisfazione) devo continuare a verificare una reticenza (proprio quella che l’onorevole Amato vuole, in qualche misura, combattere) a livello governativo.

Alle domande che con molta semplicità ho ricordato, e che già sono presenti nell’opinione pubblica da molto tempo, potevano essere date risposte. Anche l’intervallo fra l’infelice risposta al Presidente Cossiga ed oggi poteva essere utilizzato meglio dal Governo.

Queste sono le ragioni della mia insoddisfazione, per altro troppo ovvie perché io debba dilungarmi oltre questo tempo ed utilizzare completamente i venticinque minuti a mia disposizione.

PRESIDENTE. L’onorevole Corleone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la sua interpellanza n. 2-00940.

FRANCESCO CORLEONE (Partito Radicale). Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, io credo che la vicenda che oggi ci occupa, così come è stata illustrata dal sottosegretario Amato, si presenti ancora, dopo sei anni, tanto per cambiare, avvolta nel mistero. Ma è proprio così? Veramente siamo così privi di informazioni, di dati, di notizie?

Il sottosegretario Amato avrebbe dovuto dirci qualcosa di più perché, se tutto quello che il Governo sa è quanto ci è stato detto, come rilevava prima il collega Rodotà con onestà intellettuale, c’è da preoccuparsi, qualcosa non funziona nei servizi, nell’amministrazione, nei ministeri, probabilmente anche nelle relazioni dei tecnici che sicuramente sono poco neutrali.

Mi pare che la vicenda nasconda molte cose. Forse il sottosegretario Amato avrebbe potuto aiutarci a capire qualcosa di più, ricostruendo il silenzio di questi anni, parlando cioè dell’inespresso, di quanto non è accaduto, spiegando anche perché esso non sia accaduto in questi anni. Avremmo voluto che ci fosse spiegato perché oggi si afferma la volontà di ripescare il relitto, mentre la stessa volontà non è stata espressa quattro anni fa.

La vicenda in questione è stata oggetto di interrogazioni parlamentari, della relazione Luzzatti, dei documenti americani di interpretazione diffusi dalla BBC. Tutto è avvenuto nel 1982. Ebbene, ci chiediamo perché in quella occasione ci sia stata una reticenza così forte e perché oggi sulla stampa si ripropongano esattamente gli stessi quesiti di quattro anni fa: bomba o missile? O magari MiG libico collegato alla caduta di quell’aereo? È un fatto curioso: la questione è riproposta esattamente negli stessi termini. Riprendendo in mano una cartellina di documentazione che avevo quattro anni fa ho scoperto che lo stesso dibattito di oggi si era già svolto quattro anni fa.

Tutto questo non può essere casuale. Io credo che il Governo ci debba aiutare a capire come stiano le cose, dando risposte più soddisfacenti. Il sottosegretario Amato ha detto che il SISMI non ha fatto nulla, ma se una delle ipotesi è quella della bomba è strano che non ci siano state indagini.

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Non è possibile! Ho detto che non è vero che dopo l’ultima riunione del CIS sia stata commissionata al SISMI un’inchiesta!

FRANCESCO CORLEONE. Infatti! Nell’interpellanza che abbiamo presentato noi chiedevamo altro; chiedevamo che fossero comunicati i risultati di possibili indagini del SISMI, perché è impossibile che tali indagini non ci siano state. Nell’interpellanza non ci siamo riferiti all’episodio smentito. Chiedevamo anche maggiori chiarimenti sulla simulazione della dinamica dell’incidente fatta dal magistrato Bucarelli, di cui è stata data notizia sulla stampa e, infine, sui risultati, magari provvisori, delle perizie e delle analisi del laboratorio di Napoli, che sta ancora lavorando. Tutti questi dati, probabilmente, ci farebbero avvicinare maggiormente alla verità.

Un’altra cosa su cui riflettere è quella relativa al costo del recupero del relitto. Si parla sempre di 10 miliardi anzi, secondo alcune fonti, di 15, cifra della quale il ministro Balzamo si spaventò (e mi riferisco ai ritagli stampa del 1982). È mai possibile che quattro anni dopo l’operazione di recupero costi la stessa cifra o anche meno? Insomma, quattro anni fa ci si è spaventati non della situazione del bilancio dello Stato italiano, ma del recupero del relitto. Tra l’altro, se oggi spenderemmo tra i 7 e i 10 miliardi, quattro anni fa avremmo sicuramente speso di meno. Ma tutti siamo stati in qualche modo ingannati, anche sulle cifre. Mi pare di seguire il ragionamento che anche il sottosegretario Amato ha compiuto circa la non neutralità dei tecnici.

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Oggi c’è un ‘impresa che sostiene di poter eseguire il recupero per 6 miliardi.

FRANCESCO CORLEONE. Ciò vuol dire che quattro anni fa lo avrebbe fatto per meno. Credo allora che chi quattro anni fa ha addotto quella scusa per non procedere a quel recupero lo paventasse. C’era addirittura chi diceva: «Dopo due anni e per tutto quello che può accadere a quella profondità, non crediamo che il recupero possa fornire delle prove rivelatrici. Il caso è complesso. Troppo. Purtroppo, stabilire la verità oggi è impossibile». Questo si faceva dire a qualcuno quattro anni fa…

Oggi dobbiamo augurarci che tale recupero serva e che sia utile. Che si faccia, dunque! Se questa è la condizione perché vengano meno quelle reticenze riferendosi alle quali il sottosegretario Amato ha concluso il suo intervento pieno di timore e di speranza, procediamo al recupero oggi stesso!

In questi anni, a livello di indagini, non è stata percorsa né l’ipotesi della bomba né quella del missile. Né si è ipotizzato chi avesse potuto mettere quella bomba o chi avesse potuto lanciare quel missile. Se di missile si è trattato, come sono propenso a credere anche in base ai ragionamenti fatti, rimane ancora da vedere se si è trattato di errore o di volontà. E tutto ancora da esplorare. In ogni caso, sono questi i problemi che abbiamo di fronte.

Ritengo che occorra fare presto questo recupero, se serve, per eliminare un alibi. Qualcuno sicuramente, ancora oggi, tenta di trincerarsi dietro cortine fumogene. Se il recupero in questione verrà effettuato in fretta, sarà poi giusto valutare se chiudere la commissione Luzzatti e lavorare con il magistrato, o istituire una commissione presso la Presidenza del Consiglio.

Le risposte mi lasciano parzialmente soddisfatto, o parzialmente insoddisfatto. Devo però riconoscere che, sia che si sia trattato di strage, voluta o meno, ma di strage, dal momento che 81 morti in anni come quelli, all’inizio degli anni ’80, pesano e pesano molto, sia che sia stato altro, la ricerca della verità in materia può essere più forte perché, forse, al riguardo si può scoprire tale verità più facilmente che in altre stragi. E non è detto che questa verità non ci aiuti poi a scoprire qualche filo che porti ad altre verità.

Dunque, massimo incoraggiamento da parte nostra al Governo, perché vada avanti, e soprattutto riconoscimento dal fatto che è la prima volta che, sul problema in questione, il Governo viene a rispondere. E viene non con un ministro di settore, ma al livello della responsabilità massima. Tutto ciò, lo riconosciamo, è importante. E mi rendo conto che la prudenza espressa è anche rappresentativa di un timore.

Il sottosegretario Amato è probabilmente consapevole quanto noi che la verità esiste, che qualcuno la conosce e che, se la si intuisce, può fare paura. Proprio per questo, l’impegno che ho detto deve essere costante, per arrivare a dare risposte, a sei anni dalla tragedia, che siano risposte vere e non peggiori del silenzio.

Sono le considerazioni che offriamo per dire che occorre andare fino in fondo, dal momento che strage o tentativo di depistaggio di strage, o tentativo di fare assimilare quanto è accaduto a strage, qualunque cosa sia stata, il DC9 dell’Itavia pesa come tutti gli altri accadimenti terribili di quegli anni. Noi dobbiamo risposta ai morti ed ai vivi; dobbiamo risposta alla storia tragica del nostro paese (Applausi)…

PRESIDENTE. L’onorevole Tassi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per l’interpellanza Baghino n. 2-00941 di cui è cofirmatario.

CARLO TASSI (Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale). Qualcuno avrà salutato l’indicazione data da qualche ministro, «meno Stato e più privato», come l’espressione della volontà di migliorare la situazione esistente. Io ritengo invece che sarebbe ora che lo Stato riacquistasse se stesso e non assumesse un aspetto pagliaccesco, come nelle questioni più gravi molto spesso, anche attraverso i suoi pi ù accreditati rappresentanti, tende ad assumere.

Non mi meraviglio, perché la situazione è determinata da un rinnovamento storico che è indicato molto bene in un’ordinanza del Ministero della pubblica istruzione del 1948, nato dalle ceneri del Ministero della cultura popolare. Mi riferisco all’ordinanza nella quale si diceva che la tradizione italiana, che voleva che alcune parole fossero scritte con la maiuscola, doveva essere abbandonata e le parole iniziare con la minuscola. Ne ricordo tre, signor Presidente (l’ho già detto, ma è bene ripeterlo): nazione, patria e Stato.

Nazione è un concetto etnografico, con la iniziale maiuscola o minuscola non cambia. Patria è un ideale e un valore morale, con la maiuscola o con la minuscola non cambia. Ma la parola «stato», con la «s» minuscola, signor sottosegretario, indica il participio passato del verbo essere, che designa una cosa che non c’è più! E qui da noi — anche questa vicenda lo dimostra — manca lo Stato.

C’è uno Stato, o un sistema, o potremmo anche parlare di una serie di governi, che su questo punto sono sempre estremamente coerenti, che utilizza ogni questione, sanguinosa o meno che sia, ai fini dei vari giochetti interni. In questo caso, ne approfitta per liquidare l’Itavia, avvalorando per tanti anni nell’opinione pubblica la tesi secondo cui la causa dell’incidente di Ustica era da addebitarsi al materiale scadente e non controllato, quasi che l’Itavia fosse un’azienda che mandava a morte i passeggeri, utilizzando uomini e mezzi non all’altezza della situazione!

Il sistema, il regime, questa congerie di governi (per adesso utilizziamo queste definizioni: poi, la storia darà i suoi giudizi), ne approfittò per liquidare l’Itavia. Ciò non significò, per altro, riconoscere anche ai dipendenti (lei, signor sottosegretario, se ne è completamente dimenticato) il risarcimento loro spettante; e neppure provvedere all’accertamento delle responsabilità, ai fini del risarcimento dovuto agli eredi di quelle povere vittime.

Stiamo ancora a cercare il fascistello di turno? L’onorevole Amato è persona troppo seria per abbandonarsi a riferimenti del genere; ma in quest’aula ho sentito persino accenni in tal senso! Eppure, dovrebbe essere ovvio, in base a quanto abbiamo ascoltato, che se un pezzo di carrello dell’aereo, che è un oggetto non irrilevante, fatto di acciaio fuso, parte dall’esterno della carlinga, dove è situato quando è in posizione di quiete, durante il volo dell’aeromobile, e si introduce nell’abitacolo, fino ad affondarsi nel corpo di una povera vittima, non c’è alcuna giustificazione per continuare a cianciare di bombe a bordo! Se l’esplosione fosse avvenuta dall’interno verso l’esterno, non avrebbe mai potuto provocare — si tratta di elementari principi di fisica, che anche noi abbiamo studiato al liceo — il rientro di un corpo pesante, posto addirittura sotto la fusoliera.

Non credo che si possa, neanche sotto il profilo politico, stravolgere le leggi della fisica!

Dunque, quell’elemento che oggi noi conosciamo e che voi conoscevate da tempo, è perentorio nell’indicare che l’esplosione è avvenuta dall’esterno: secundum (vorrei dire, poiché non c’è neppure un tertium) non datur. L’unica ipotesi che resta in piedi è quella di un missile che ha colpito l’aereo. Non è possibile che si sia trattato di un evento diverso, considerata la velocità di rotta di un aereo del genere.

Avete perso degli anni, trastullandovi quando avevate in mano un elemento essenziale e chiarificatore. È evidente, senza possibilità di dubbio, che l’esplosione è avvenuta dall’esterno.

Lei, signor sottosegretario, ha detto che se fosse stato possibile addebitare l’incidente all’aereo libico, si sarebbe potuto chiudere il caso. Ebbene, debbo subito dire che è molto grave, sotto il profilo dello Stato (quello con la «s» maiuscola, quello al quale ancora continuo a creder e io), dicevo è molto grave che con il sistema radar, che dovremmo avere per tutelarci da attacchi bestiali che, come successivamente i fatti hanno dimostrato, possono essere portati alle nostre terre e non soltanto ai velivoli, esistano zone così rilevanti di cono d’ombra.

La sua ammissione, signor sottosegretario, è una cosa spaventosa, ed è ovvio che la sinistra «piccìdipendente» non la possa rilevare, ma da questi banchi la si rileva.

Per colpire impunemente qualsiasi punto del territorio italiano non solo esistono gli aerei ultramoderni che sfuggono, si dice, ai sistemi radar più raffi – nati, ma anche un Piper qualsiasi può farlo.

Non mi si venga a dire che non è possibile lanciare un missile dal basso in alto perché lei ha fatto un’ipotesi considerando che l’angolo non sia di 360 gradi; lei ha detto che il missile avrebbero dovuto spararlo quasi verticalmente. Non è affatto vero. Se c’è la possibilità al di sotto dei 15 mila piedi di avere un cono d’ombra, come il monte Erice può dare, in relazione alla distanza (non voglio farvi il calcolo perché sarebbe troppo lungo ma potete chiederlo a qualche esperto nel settore), probabilmente sono decine di chilometri quelle che avrebbe potuto utilizzare chi avesse voluto criminalmente sparare quel missile, coperto dal monte Erice (Commenti del sottosegretario Amato).

Il cono d’ombra verso il radar è quello che è, e quanto più ci si allontana tanto più si allarga per ragioni di leggi fisiche.

Se la distanza era notevole non era necessaria una manovra spericolata e tale da rendere impossibile poi per l’aereo recuperare quota per non entrare nella zona di visibilità; avrebbe potuto benissimo farlo tenendo un angolo ben diverso perché non è di poco conto il cono d’ombra che può provocare su un radar di quel tipo il monte Erice.

Non esiste, si dice, segreto di Stato, ma lo si è lasciato intendere in ogni modo; per altro non si è ancora saputo (non so se a voi è noto) chi fosse l’operatore che aveva fatto quel rilievo, né esiste un rilevamento di responsabilità per il cambiamento successivo del nastro.

Onorevole Amato, le sembra possibile che dopo aver avuto la notizia, il riferimento, di una situazione di tale gravità, qualcuno possa cambiare un nastro per effettuare un controllo? Lei dice che lì non avevano rilevato (Commenti del sottosegretario Amato).

Tutte le stazioni radar sono in contatto tra loro e quando succede un fatto di tal genere questo viene comunicato immediatamente. Lei ha giustamente ricordato che a quell’epoca tutti i controllori di volo erano ancora militari. Ed allora, onorevole Amato, non venga a dire che poteva esserci la discrasia tra servizio civile e servizio militare, perché le notizie devono essere immediatamente segnalate ai vari punti di controllo dei radar per effettuare gli eventuali riscontri.

Ancora una volta, ve lo dico in piacentino ‘l tacon l’è pess d’el bus, la toppa è peggiore dello strappo, perché vuol dire che non esisteva e, ovviamente, non esiste coordinamento nemmeno tra i rilevamenti radar.

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Questo argomento è in astratto corretto, però stando al numero dei minuti non corrisponde ai fatti, perché l’incidente dovrebbe essere avvenuto (per quanto riguarda la nostra ora, perché quella di Greenwich è diversa) alle 18,58 [NdR: l’incidente è avvenuto alle ore 18,58 UTC – Universal Time Coordinated, ovvero alle 20:58 CEST – Central Europe Summer Time]; il radar civile, il radar ATCAS, ha cominciato a lanciare segnali di ricerca del velivolo alle 19,04. Quindi, se il cambiamento di quel nastro al radar di Licola [NdR: intendeva evidentemente Marsala] è stato effettuato quattro minuti dopo, sarebbe avvenuto alle 19,02, prima, cioè, che il radar Ciampino ATCAS avesse preso atto che quell’aereo era sparito e avesse dato i segnali della ricerca.

Questo stando ai dati che ho.

CARLO TASSI. Certamente la cosa è possibile; però torno a sottolineare…

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Questo senza impegnarmi più di tanto.

CARLO TASSI …che è grave il fatto che non esistano collegamenti. Stiamo parlando di radar, di onde radio, e quindi certamente non di comunicazioni telefoniche, che vanno con la lentezza delle comunicazioni telefoniche. Stiamo parlando di onde elettromagnetiche, che vanno quasi alla velocità della luce, ecco. Non esiste quindi la possibilità di uno iato di tanti minuti. Si vede che si è proceduto ai soliti tagli di spesa, e quelli sui sistemi di sicurezza, che è anche sicurezza di difesa, sono stati così pesanti che i nostri sistemi difensivi hanno fatto fare al nostro paese quella figuraccia al momento dei famosi missili che hanno sorvolato Lampedusa, e non sono caduti prima di raggiungere l’isola.

Profonda, quindi, onorevole sottosegretario, è la nostra insoddisfazione; profonda, perché trattiamo di un problema così grave ancora dopo sei anni, e state ancora discutendo se sia utile o meno tirar su il relitto.

Quel relitto avrebbe dovuto essere recuperato nel minor tempo tecnico possibile, nell’immediatezza del fatto.

Oggi, a distanza di sei anni, certamente la pressione dell’acqua e gli elementi ambientali lo avranno molto deteriorato, e sarà quindi molto diminuita qualsiasi possibilità di raggiungere obiettivamente quelle prove che tuttavia la logica penso basti a farci raggiungere.

Comunque, fatelo, e fatelo con sollecitudine. Non apprezzo il discorso della minor spesa dello Stato quattro anni fa piuttosto che oggi, perché le lirette di quattro anni fa valevano un pochino di più delle lire di oggi, con buona pace dell’onorevole Craxi, che dice che l’inflazione è stata vinta. I soldi di allora sono i soldi di oggi, soprattutto in rapporto ad una spesa a livelli internazionali; oggi, semmai, abbiamo anzi il vantaggio che il dollaro non ha più il prezzo di allora, e quindi forse si potrebbe anche risparmiare qualche cosa.

Non si tratta però di una questione di soldi: è sempre una questione di Stato, con la esse maiuscola. Di fronte alla morte di ottanta cittadini, o di ottanta persone affidate alla compagnia nazionale, immediatamente avrebbero dovuto essere reperiti i fondi ed effettuati gli interventi per il recupero del velivolo, visto che esso era umanamente e tecnicamente possibile. Questa colpevole negligenza, questo traccheggio che dura da anni, questo tentativo di nascondersi dietro ridicole esigenze di bilancio non vi fa certo onore.

Onorevole sottosegretario, vi fate fregare 350 miliardi in Campania, Calabria e Sicilia per le fustelle false, e ci venite a raccontare che non avete cinque miliardi per recuperare un velivolo che avrebbe potuto… (Commenti del sottosegretario Amato).

No, dopo sei anni dite che forse li troverete. Vi siete fatti scappare sotto il naso i 250 miliardi truffati allo Stato dalle varie cooperative napoletane per quello che avrebbe dovuto essere il recupero dei detenuti, e ci avete fatto per sei anni una questione di bilancio a questo proposito? Sono spese eccessive? Ecco perché ho parlato all’inizio di comportamento pagliaccesco: e si finisce con un comportamento che è ridicolo.

Non è assolutamente possibile comportarsi in questo modo di fronte alla morte di ottanta persone, ed anche nei confronti della compagnia aerea, delle cui responsabilità avete cianciato fin dal 1980. Avete distrutto il lavoro, la tradizione, la capacità tecnica, la capacità professionale di un’intera compagnia aerea che fino a quel momento era stata benemerita, che aveva sempre svolto correttamente il suo compito. Vi siete dimenticati che ottanta persone erano morte, ed erano morte per un intervento esterno. Di chi era il missile? Ma se non andate a recuperare il velivolo, come fate a sapere di chi era il missile?

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ci stiamo andando!

CARLO TASSI. Ma sono passati sei anni, onorevole sottosegretario! «Adesso ci andiamo»!

In sei anni potrebbero essersi cancellate tracce significative. Sembra quasi che abbiate aspettato proprio questo.

Ma allora vi dico come la penso; allora io vi dico che avete aspettato sei anni proprio perché, a questo punto, sarà ben difficile trovare tracce esterne che possano far identificare il responsabile di quel criminale lancio.

Va bene? Allora ve lo meritate! Se avete da reagire quando molto correttamente vi si dice che è una negligenza colpevole e bestiale quella di aver aspettato tanto tempo, vuol dire che lo avete fatto fraudolentemente. E questo è veramente grave per chi ritiene che abbiano ancora significato la parola Stato, la parola dignità, il rispetto del prossimo!

PRESIDENTE. L’onorevole Proietti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la sua interpellanza n. 2-00942.

FRANCO PROIETTI (Partito Comunista Italiano). Signor Presidente, onorevole sottosegretario, c’è voluta una iniziativa del Presidente della Repubblica per riportare all’attenzione del Governo e, più in generale, dell’opinione pubblica la triste vicenda del DC9 caduto ad Ustica, che ha portato alla morte ottantuno persone.

Il ritardo con cui se ne discute è ingiustificato perché in questi sei anni i familiari delle vittime hanno più volte sollecitato un impegno più serio del Governo nella ricerca delle cause di quella tragedia. Sollecitazioni sono venute anche dalla magistratura assieme a ripetute iniziative parlamentari di più parti politiche. C’era e c’è ancora una sollecitazione proveniente dall’opinione pubblica che vuol sapere come effettivamente sono andate le cose.

A tutto questo il Governo ha risposto con reticenza, opponendo riservatezza alle indagini ed alle loro conclusioni, almeno a quelle cui era pervenuta la commissione d’indagine costituita ai sensi dell’articolo 827 del codice della navigazione. Tali reticenze hanno ingenerato il sospetto, rendendo misteriosa tutta la questione, che il Governo volesse in qualche modo coprire la vicenda per evitare che si arrivasse all’accertamento dei fatti.

Al di là delle carenze del Governo, la commissione e la magistratura hanno svolto le proprie indagini, dalle quali risulta che l’aereo è esploso in volo e che l’esplosione è stata causata da un qualche ordigno. Lo testimonierebbe la presenza dell’esplosivo T4, rinvenuto nei resti prelevati ai fini dell’esperimento delle indagini. Il problema è che non è ancora certo, almeno sulla base delle considerazioni svolte poc’anzi dal sottosegretario, se l’ordigno che ha causato l’abbattimento dell’aereo sia esploso all’interno o all’esterno, anche se i frammenti ritrovati nei corpi di alcune vittime indicherebbero che si è trattato di un ordigno proveniente dall’esterno.

Quest’ultima tesi sarebbe avvalorata anche dalle notizie, ricevute in questi giorni, sul modo in cui sarebbero disseminati i resti dell’aereo nei fondali del Tirreno: anziché essere a raggera, come sarebbe stato naturale se l’incidente fosse avvenuto per una esplosione dall’interno, sono collocati in maniera tale da far supporre che vi sia stato uno spostamento laterale dell’aereo, causato da un ordigno proveniente dall’esterno.

Si tratta di sapere a questo punto di che natura è l’ordigno che ha provocato l’esplosione. Forse potrebbe trattarsi di un caccia, ma in questo caso resterebbe da spiegare come mai è stato rinvenuto esplosivo del tipo T4 tra i resti dell’aereo e sui corpi delle vittime. Sembrerebbe allora che non sia stato un caccia a colpire l’aereo; per altro, se si fosse trattato dell’impatto di un aereo militare con un aereo civile, lo si saprebbe.

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Questo è escluso!

FRANCO PROIETTI. Quindi, l’ipotesi che si sia trattato di un missile è quella più attendibile.

Questa ipotesi sarebbe per altro avvalorata dalle tracce radar rinvenute, anche se lei a questo elemento ha voluto attribuire una scarsa rilevanza.

Comunque, sulla questione delle tracce radar resta ancora l’incertezza relativa a quel famoso nastro: sulla sua sostituzione, sulla cancellazione della registrazione dei momenti decisivi per l’incidente. Lei ci ha assicurato che il nastro sequestrato dalla magistratura è quello che ha registrato il momento dell’incidente, e a noi non resta che verificare la veridicità delle sue affermazioni. Sta di fatto, però, che subito dopo l’incidente qualcuno ha visionato le tracce radar, e si tratta di qualcuno che appartiene alle forze armate; aspettiamo di conoscere il giudizio tecnico di queste persone, che lei ha detto non essere soggette al vincolo del segreto di Stato, per capire come si sono svolti i fatti.

Lei ha destituito di qualsiasi fondamento l’ipotesi, formulata da qualche giornalista, di un attacco di aerei libici ad aerei italiani o delle forze NATO; non possiamo affermare con certezza, comunque, che in quell’area in quel momento non fossero in corso esercitazioni delle forze militari italiane o di quelle della NATO.

In ogni caso, se di un missile si è trattato, questo è stato lanciato da un aereo militare; si tratterebbe allora di sapere se il caccia era italiano o NATO, oppure di qualsiasi altro paese. Il Governo dovrebbe essere in condizione di dare una risposta a questo interrogativo, perché mi rifiuto di credere che non sia in possesso di strutture che gli consentano di vedere qualsiasi incursione sul nostro territorio

Inoltre, se si fosse trattato di un velivolo italiano o della NATO, il Governo dovrebbe portare a conoscenza del Parlamento e dell’opinione pubblica tutti gli elementi di cui è in possesso: il nome del pilota, se si è trattato di un errore, a chi ne va attribuita la responsabilità. Dovrebbe anche decidere di far pagare i responsabili, per evitare che si ingeneri il sospetto che, quando si tratta di errore umano, che può sempre capitare, da parte di membri delle forze armate ci sia la tendenza dello Stato a dare copertura.

Comunque, giunti a questo punto, la questione è che cosa intenda fare il Governo per cercare di far chiarezza su questa vicenda. E, a parte le responsabilità di cui ho parlato, potremmo anche ritenerci soddisfatti della decisione del Governo di procedere al recupero del relitto dell’aereo per cercare di saperne di più: non è detto che riusciremo a conoscere la verità, ma quanto meno avremo fatto il possibile per cercarla.

Sta di fatto che, con l’annuncio dato oggi, il Governo dichiara anche tutta la gravissima responsabilità che si è assunto allora decidendo di non mettere a disposizione i mezzi necessari per recuperare la scatola nera e i rottami dell’aereo, dai quali allora sarebbe stato possibile capire meglio le cose.

Si può dire meglio tardi che mai, e quindi ci auguriamo che il Governo si muova con rapidità per mettere a disposizione i mezzi necessari per recuperare quanto rimane dell’aereo.

In conclusione, dunque, la risposta del sottosegretario proprio non ci soddisfa, perché non ci si può venire a dire, a sei anni dai fatti, che si sa oggi quello che già si sapeva subito dopo l’incidente. Quello che risulta chiaro è che in questi sei anni il Governo non ha fatto nulla per cercare la verità. Ora lo farà, recuperando i resti dell’aereo, ma credo che il Governo abbia allora commesso un grave errore perché, a parte la situazione economica, che è sempre difficile, il problema è di stabilire quale importanza si dà alle cose. E da questo deriva la grave responsabilità del Governo per non aver deciso subito il recupero.

Ma perché era ed è ancora necessario recuperare quel relitto? Non soltanto per fare giustizia nei confronti delle vittime e dei loro familiari, per consentire alla magistratura di addivenire finalmente ad una qualche conclusione definitiva su questa vicenda, per conoscere le eventuali responsabilità legate a quel disgraziato evento; ma anche e soprattutto per evitare che, sulla base dei risultati di queste indagini, si possano evitare analoghi incidenti in futuro nel nostro paese. Ecco perché già allora il Governo avrebbe dovuto decidere di recuperare l’aereo, al di là delle difficoltà economiche; ed ecco perché deve deciderlo oggi.

Questa vicenda pone comunque una questione più generale ancora aperta nel nostro paese, quella della sicurezza delle nostre aerovie. Questo è un aspetto ancora troppo delicato del trasporto aereo nazionale, perché le nostre aerovie sono sempre più spesso minacciate dalle interferenze di velivoli militari, nazionali o delle forze NATO.

In questi ultimi anni si sono registrate in merito molte iniziative ed interrogazioni parlamentari; si è anche svolto un dibattito sia qui in Assemblea sia nella Commissione trasporti, proprio per affrontare questo nodo. E in quella occasione si è chiesto al Governo un impegno particolare per risolvere il problema. Ancora oggi però il Governo non ha dato risposte adeguate e sufficienti a garantir e la sicurezza delle rotte aeree sul nostro paese.

È necessario arrivare il più rapidamente possibile ad una revisione della mappa di quelle rotte, creando le condizioni per una totale permeabilità degli spazi aerei nazionali, oggi sottoposti a troppi vincoli di servitù militari, per altro ormai anacronistiche! La satellizzazione dello spazio ha fatto sì che circolassero sulle nostre teste macchine capaci di scrutare ogni più recondito e riservato angolo della terra: se le servitù militari, per le quali era necessario stabilire rotte con molte deviazioni creando tempi di percorrenza maggiori ed anche maggiori costi per la gestione di questo servizio, oggi risultano anacronistiche appunto in relazione alla satellizzazione dello spazio, è possibile giungere ad un loro superamento proprio con la permeabilità totale dei nostri cieli, costruendo mappe delle rotte aeronautiche più rettilinee, istituendo anche un organismo operativo capace, agile e funzionale, che possa mettere in relazione l’aviazione civile con quella militare, evitando, così, che possano ancora ripetersi situazioni come quella lamentata.

La risposta che ci è stata fornita, quindi, ci lascia insoddisfatti. Ci auguriamo che l’impegno assunto venga al più presto mantenuto, nella certezza che, se lo si farà, quanto meno oggi, anche se in ritardo, avremo fatto il possibile per conoscere la verità e fornire una risposta su questa triste vicenda (Applausi all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Passiamo alle repliche degli interroganti. L’onorevole Ronchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per l’interrogazione Tamino n. 3-01854, di cui è cofirmatario, e per la sua interrogazione n. 3-01986.

EDOARDO RONCHI (Democrazia Proletaria). Io, ascoltando la risposta del sottosegretario Amato, per la quale il gruppo di Democrazia Proletaria non può che dichiararsi insoddisfatto, mi chiedevo come mai fosse possibile usare un tono così pacato e disteso, di fronte ad un avvenimento che, come minimo, è scandaloso, effettivamente scandaloso! Non si riesce a capire: un aereo di linea precipita provocando ottantuno vittime, danno ingentissimo di per sé, ma anche tale da produrre ripercussioni in merito alla credibilità della compagnia aerea, con conseguenti rischi di un suo fallimento; ripercussioni rilevantissime a livello internazionale si hanno per gli effetti sulla credibilità del trasporto aereo italiano; non viene esclusa dall’inizio la possibilità che si sia trattato di un ordigno interno od esterno (come eventualità, esiste) e ciò nonostante lasciamo anche trascorrere un paio di anni!

Io penso che un paese serio, come minimo, nel giro di due settimane avrebbe dovuto provvedere al recupero di quel velivolo, per studiare le cause della sua caduta, ammettendo anche la tesi della decompressione dovuta a debolezza strutturale o a qualsiasi altra ragione.

Il mancato recupero del relitto, mi sembra un fatto di responsabilità gravissima, a fronte della gravità appunto di questo incidente! Non so, esisterà un altro paese che ha compiuto un’enormità di questo tipo? A me risulta che in altri paesi ci si precipita per tentare il recupero degli aerei immediatamente e si provocano incidenti diplomatici se la caduta è avvenuta in acque di altri paesi; è la reazione minima immediata. Invece, qui non succede niente.

Dopo circa due anni, arriva la relazione di una commissione, e da questa relazione — come lei dice e per quanto se ne è saputo dalla stampa — risulta che l’ipotesi più probabile (si tratta, però, di una probabilità corposa) è quella che la causa dell’incidente sia stata un missile aria-aria e di un esplosivo che solitamente è impiegato in questi missili.

Ma c’è di più: non si recupera il relitto; ancora non si vede l’urgenza di una tale decisione e c’è un ministro dei trasporti che presenta un disegno di legge, al quale si risponde che forse i soldi… e poi la cosa si perde nel nulla. Mi pare effettivamente inconcepibile.

Voglio notare, inoltre, che il Governo sta rispondendo a due interrogazioni presentate, dal gruppo di Democrazia Proletaria, il 14 maggio del 1985, le quali per un anno non hanno ottenuto risposta. Questa abitudine al ritardo, quindi, appare la prassi normale anche in questa vicenda.

Vorrei, replicando assai brevemente, porre alcune domande. Penso che dobbiamo sapere perché questo velivolo non è stato recuperato. Bisogna ricostruire, cioè, con precisione i passaggi e le considerazioni che non hanno portato, a sei anni di distanza dall’accaduto, al recupero del velivolo. Difficilmente si può supporre che tutti abbiano fatto ciò che avrebbero dovuto fare: o siamo di fronte a molti pazzi e a gente che non si rende conto della gravità di ciò che accade oppure è avvenuto qualche cosa nei meccanismi decisionali che hanno portato al mancato recupero del velivolo.

La seconda domanda è relativa al fatto che un radar civile (sappiamo che esisteva la militarizzazione, ma restava pur sempre una distinzione delle funzioni) rileva talune tracce e due commissioni di esperti, una americana e una della Selenia, dicono che queste tracce sono attribuibili, facendo un ragionamento abbastanza fondato, ad un caccia, considerata la velocità desumibile da esse.

Ebbene, collegando questo con la presenza di esplosivo e con la dinamica attribuibile con molta probabilità ad un missile aria – aria, e quindi ad un’esplosione provocata dall’esterno, mi chiedo come mai nessun radar militare abbia rilevato le medesime presenze. È un quesito sul quale occorre indagare; le facili battute sul fatto che l’esercito italiano non sarebbe in grado di vedere nulla e che esisterebbero buchi enormi non mi convincono. Credo sinceramente che su questo punto occorra indagare a fondo. Se non vi è segreto militare, bisogna allora chiarire e lo si può fare, quale sia lo spazio aereo che è restato scoperto in occasione dell’incidente.

Quella della presenza del monte Erice non mi pare una giustificazione sufficiente, ed io sono d’accordo sul fatto che un attacco, una manovra di quel tipo, anche se non voluta, sotto i 15 mila piedi non è altamente probabile.

Poi, c’è questa storia del nastro cambiato dopo 4 minuti. È circolata prima la voce che sia stato cambiato contemporaneamente; vi possono essere stati dei fraintendimenti ma, di solito, quando le voci corrono, qualcosa di vero c’è. Stupisce che un aereo possa esplodere in volo, senza che, prima o dopo, siano stati identificati i caccia e la traccia lasciata dal missile, perché un missile, una volta lanciato, lascia una traccia che i radar registrano [NdR: i missili aria-aria non sono rilevabili, tanto più con le tecnologie dell’epoca, da un sistema di sorveglianza radar].

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il caccia poteva essere rilevato, mentre il missile non è rilevabile dai radar.

EDOARDO RONCHI. Comunque, i radar non avrebbero rilevato né i caccia, né il fatto che un aereo è sparito dagli schermi. Credo che non vi sia bisogno di una segnalazione da Ciampino per accorgersi che un aereo di linea è sparito; un’esplosione dovrebbe essere vista dai radar, in quanto un aereo prima c’è e poi non c’è più. Addirittura, inoltre, si sostiene che gli apparati di rilevazione militari non solo non sono in grado di rilevare il caccia, ma neanche la scomparsa di un aereo di linea, che segue un percorso posto grosso modo nello spazio di copertura aerea.

Il ragionamento, quindi, che lei mi fa, signor sottosegretario, sul tempo di comunicazione mi colpisce ancor più. Come, l’aviazione militare non ha sotto controllo il traffico civile? Stiamo scherzando? Come farebbe a far decollare gli aerei militari ed a regolarne le rotte. L’amministrazione militare non saprebbe che un aereo civile è scomparso dai propri radar? Mi sembra assolutamente inconcepibile. Nemmeno l’«esercito di Pulcinella» nel 1986 può fare affermazioni di questo tipo!

Un’ultima domanda — mi scuso del tempo impiegato, ma sto replicando per due interrogazioni — è relativa al fatto che non vi sia stata un’indagine commissionata al SISMI. Di questo noi prendiamo atto, ma la successione di questi avvenimenti come mai non ha indotto il SISMI, o chi per esso, a predisporre un’indagine adeguata? Come mai, in presenza di un possibile attentato interno o esterno, i servizi di sicurezza non hanno indagato? Questo fatto mi sembra abbastanza anomalo e fortemente sospetto. In conclusione, rileviamo troppe carenze e troppe contraddizioni per cui chiediamo che questa commissione d’inchiesta venga insediata al più presto possibile e che quanto prima si proceda al recupero del velivolo (Applausi dei deputati del gruppo di Democrazia Proletaria).

PRESIDENTE. L’onorevole De Luca ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la sua interrogazione 3-02902.

STEFANO DE LUCA (Partito Liberale Italiano). Signor Presidente, prendo atto con soddisfazione di aver ascoltato l’ansia di verità del Governo. Vorrei soltanto sommessamente ribadire che vi è un’ansia più grande, ed è quella di tutti i cittadini italiani, ed in particolare dei palermitani, i quali, quasi segnati da un tragico destino, in otto anni sono stati spettatori di ben tre incidenti aerei.

Tutto questo non induce solo a considerazioni relative all’incidente di Ustica, ma induce a considerazioni, come noi abbiamo sottolineato nella nostra interrogazione, in ordine alla sicurezza del volo nel nostro paese. Per questo motivo chiediamo (e chi vi parla conosce bene, per averle vissute in prima persona, le ansie di coloro i quali hanno subito lutti di questo tipo) di conoscere la verità. Non che ciò rappresenti un ristoro definitivo per le famiglie delle vittime, in quanto niente e nessuno può restituire all’affetto dei familiari coloro che sono scomparsi, ma in qualche modo la verità dà conforto in quelle notti sconvolgenti in cui si pensa che i propri cari sono tragicamente scomparsi.

Una cosa va sottolineata: il ritardo con il quale il Governo si appresta ad avviare le procedure per il recupero del velivolo è certamente criticabile, e su questo aspetto non possiamo essere soddisfatti. Noi abbiamo seguito l’evolversi di questa vicenda ed abbiamo constatato che sicuramente vi è qualcosa di strano, come il fatto che per i primi anni l ‘ipotesi prevalente era quella di un cedimento della struttura dell’aereo.

Sarei quasi tentato di dire (non ho comunque prove a suffragio della mia tesi) che tutto ciò stranamente coincide con il cinismo con il quale la nostra compagnia di bandiera si muove in occasioni di questo genere. Essa ha avuto in questo caso l’interesse a far scomparire un concorrente, mentre in altri casi l’alone di mistero provocato dalle sue azioni ha lasciato i familiari delle vittime in una profonda angoscia.

Ho parlato di ritardo ingiustificato e di alone di mistero in quanto nessuno ha mai detto ufficialmente e con fermezza le cose che abbiamo ascoltato questa sera. In sostanza si è consentito che si facessero troppe ipotesi, troppe congetture. Si è dato per scontato che vi fosse in corso nella zona, un’esercitazione della NATO, ma nessuno si è mai preoccupato con fermezza, nel momento in cui queste indiscrezioni comparivano sulla stampa, di smentirle. Credo che sia anche giusto indicare chi ha consentito che attorno a questa vicenda si potessero sviluppare le più strane ipotesi.

Oggi, ne diamo atto al Governo, molti chiarimenti sono venuti, molte cose sono finalmente dinanzi ai nostri occhi. Sappiamo che non c’è un segreto militare, del quale credo tutti in Italia erano convinti; sappiamo che il Governo ha fatto una scelta in relazione alla decisione di recuperare il relitto, ma ci pare che questo non sia tutto, ci pare che non sia sufficiente.

Abbiamo la preoccupazione, devo dirlo con amarezza, che il recupero dopo oltre sei anni potrà dirci forse qualcosa di definitivo su come è avvenuta l’esplosione, se attraverso un ordigno all’interno dell’aereo oppure attraverso un missile, ma probabilmente il tempo trascorso avrà cancellato quelle altre tracce che potrebbero farci sapere da parte di chi è venuto un ordigno eventualmente lanciato.

Certamente le cose che il Governo oggi ci ha detto su questa vicenda sono chiarificatrici e segnano un passo avanti, ma per il gran tempo perduto e per le occasioni perdute sulla strada della verità credo che la nostra soddisfazione non possa essere totale, ma soltanto parziale.

GUIDO POLLICE (Democrazia Proletaria). Ma che cosa ti dà questa parziale soddisfazione se il sottosegretario non ha detto niente?

PRESIDENTE. Poiché nessuno dei firmatari dell’interrogazione Reina n. 3-02905 è presente, s’intende che abbiano rinunziato alla replica.

L’onorevole Gunnella ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per l’interrogazione Dutto n. 3-02906, di cui è cofirmatario.

ARISTIDE GUNNELLA (Partito Repubblicano Italiano). Signor Presidente, onorevoli colleghi, di fronte a fatti così tragici e drammatici a nessuno sono consentite strumentalizzazioni, che poi assumono sempre un significato politico. Noi vogliamo qui sottolineare che il tono sereno, ma nello stesso tempo preoccupato e problematico, del Governo, non pone fine ad un discorso, ma intende continuarlo. Questo a me sembra apprezzabile.

Il Governo ha affermato, questo è importante, che oggi non ha elementi per conoscere la verità, ma intende arrivare a conoscerla. Lo strumento preannunciato è quello della possibilità di reperire i rottami dell’aereo e nello stesso tempo iniziare, d’accordo con la magistratura, un’inchiesta che abbia un significato amministrativo o giudiziario a seconda dei risultati derivanti dal reperimento. A noi questo sembra un punto positivo che risponde non solo ad esigenze politiche, ma anche alle esigenze umane di coloro i quali hanno avuto i loro cari scomparsi.

Altro elemento importante consiste nel fatto che il Governo non ha posto e non pone il segreto di Stato. Restano tuttavia una serie di interrogativi e di dubbi che non sono stati chiariti, che il Governo non ha chiarito a se stesso e che probabilmente sono nelle maglie del segreto istruttorio o non possono essere suffragati da elementi obiettivi.

Mi sembra che il Governo non abbia trovato indizi che possano escludere la tesi di un corpo esterno (un missile) che ha colpito il veicolo. Se questa è un’ipotesi attendibile, esclude le altre che pure vanno perseguite una per una al momento in cui sarà possibile recuperare il relitto, noi dovremo andare con molta decisione alla ricerca delle responsabilità, perché è chiaro che i missili hanno un’origine che va comunque individuata, anche se essi possono volare per errore.

Parole serene sono state dette, anche per evitare strumentalizzazioni, a destra o a sinistra, circa la possibilità dell’origine delle tracce di esplosivo.

Ma un dato vorrei qui rilevare, che a me sembra avere un certo valore. Il Governo ha senza dubbio avuto ritardi: la relazione della commissione non è stata approfondita ed interpretata in tutti i suoi aspetti, e certamente il lavoro dell’ufficio istruzione di Roma sarà estremamente impegnativo, non soltanto perché l’incidente è ormai lontano nel tempo, ma anche perché le memorie possono sbiadire. Ritengo, tuttavia, che l’impegno del Governo sia completo e totale, perché non si tratta soltanto di accertare la verità, importante dal punto di vista umano e politico, ma anche perché, se l’ipotesi del missile fosse suffragata, si porrebbero problemi importanti per la sicurezza nei cieli, specialmente in quelli in cui è possibile che episodi del genere si verifichino, cioè in quei cieli in cui vi sono incroci di tanti veicoli e di tanti interessi.

Nasce, dunque, il problema della sicurezza della nostra rete radaristica. Non bisogna tagliare ma aumentare i fondi destinati a questo scopo. Ci si lamenta che non esistano adeguate strutture, ma tali deficienze avvengono perché con molta superficialità si punta di più all’assistenzialismo ed alle cose spicciole e non all’essenziale, alla sicurezza dei cittadini.

Da questo punto di vista aspettiamo perciò dal Governo, quale possa essere il risultato dell’indagine (anche nella semplice ipotesi che si sia trattato di un missile), iniziative per potenziare tutte le strutture militari e civili, per avere in qualsiasi momento il controllo dei nostri cieli. È questo il dato politico importante.

È chiaro, però, che questo dato politico, che noi sottolineiamo e che deve essere approfondito, non può trovare ostacoli nei mille interrogativi che vengono sempre posti, come se in ogni momento si cercasse di suscitare responsabilità ben precise di una parte o di un’altra, dicendo che il T4 è di fabbricazione sovietica o che l’esercitazione era della NATO, quasi a precisare rotture o fabbricazione di possibili alleanze. La risposta che deve essere data è invece precisa: è una risposta che deve essere fornita innanzitutto ai familiari dei cittadini che sono stati massacrati da questo scoppio, da questo tragico evento e, poi, a tutti coloro che vogliono la sicurezza dei nostri cieli.

PRESIDENTE. L ‘onorevole Scovacricchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la sua interrogazione n. 3-02907.

MARTINO SCOVACRICCHI (Partito Socialista Democratico Italiano). Signor Presidente, signor sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, avevo avanzato una richiesta limitata alla sussistenza o meno del segreto di Stato. Il rappresentante del Governo ha detto che non esiste segreto di Stato e quindi non è il caso di porsi il problema della sua rimozione, né di insistere sull’argomento. Avevo però anche chiesto quali misure siano state prese o si intenda prendere per tutelare la sicurezza dei voli. So che non è facile rispondere ad una simile domanda, ma mi pareva che fosse questa l’occasione opportuna per richiamare alla attenzione di tutti le misure vigenti, per tranquillizzare il Parlamento e per farlo eventualmente riflettere sulla loro validità. Era anche, questa, l’occasione per il Governo di rendere noti i suoi propositi su tutte le problematiche meritevoli di studio nel settore della sicurezza dei voli.

Mi pare che dalla relazione tecnica, assunta a corpo centrale delle dichiarazioni rese oggi all’Assemblea, non possiamo ricavare un panorama chiaro: mi sembra che la vicenda sia ancora tinta di giallo e che i dubbi permangano. Ricordo che, quando avvenne l’incidente, seguito a circa un mese di distanza dalla vicenda del MiG-23 che si schiantò sulla Sila, si insistette (ne sentii parlare anche al Ministero della difesa, dove allora operavo) sui buchi della rete radar, che avrebbe offerto la possibilità di penetrazione di missili o di velivoli porta missili. La relazione lascia perplessi, così come lascia perplessi il fatto che si sarebbe potuto effettivamente introdurre un aereo di questo tipo nell’area tirrenica.

Io penso che il Governo abbia fatto tutto il possibile, e non lo dico per conformismo. Il sottosegretario ci ha fornito un quadro puntuale e completo. Potrei avere qualche dubbio sul recupero dell’aeromobile al momento opportuno, che non so quanto per altro, a distanza di anni, possa giovare a chiarire le circostanze dell’incidente. Le domande restano, i sospetti resistono: come la presenza dell’esplosivo T4 ed altre cose inducono a pensare.

Tutte le ipotesi sono forse possibili. Il sottosegretario Amato ha scartato quella della decompressione rapida da cedimento strutturale, e noi conveniamo su questa affermazione. Ma, dopo la lettura della relazione, restano nebulose anche le altre due ipotesi, e cioè quella della bomba e quella del missile e a chiarirle non contribuisce certamente la lettura della relazione tecnica. Per esempio, c’è il mistero del carrello che penetra nella fusoliera invece di esserne espulso, come prima osservava un collega che mi sembra sia del gruppo del Movimento sociale italiano. Con tale collega, tuttavia, non sono assolutamente d’accordo nel dire che il ritardo di sei anni sia stato causato dalla necessità di liquidare le prove. Questo almeno era il fermo sospetto che egli dichiarava nel suo intervento.

Io mi domando se un Parlamento democratico ed un Governo democratico possano accettare interpretazioni che attribuiscano allo Stato comportamenti criminosi.

Non posso dire di essere soddisfatto nel senso generico del termine, perché si è veramente soddisfatti quando alle proprie domande vengono date risposte compiute e cattivanti. In questo caso, c ‘è l’attenuante costituita dal fatto che alle domande non era possibile obiettivamente dare convincenti e definitivi riscontri. Dunque, mi dichiaro parzialmente soddisfatto per l’ampia e scrupolosa esposizione fatta dall’onorevole rappresentante del Governo.

PRESIDENTE. L’onorevole Grippo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la sua interrogazione n. 3-02909.

UGO GRIPPO (Democrazia Cristiana). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, pur dando atto al sottosegretario Amato di una lucida relazione resa in quest’aula, che va integrata con la nota più ampia di Palazzo Chigi di qualche giorno fa, devo dire preliminarmente che, se dovessi soffermarmi essenzialmente sui ritardi che si sono registrati nella vicenda in questione, dovrei molto semplicemente associarmi al coro degli insoddisfatti.

Devo anche registrare il fatto che probabilmente ci troviamo a parlare in quest’aula nuovamente della questione di Ustica a seguito di un intervento del Presidente della Repubblica ed anche a seguito della rabbia dei familiari delle vittime.

Dobbiamo anche dire che i recuperi che oggi si ritiene di dover avviare sono molto tardivi, dal momento che, ormai, le ossa sono diventate coralli e che i rottami metallici sono stati rovinati dal tempo e dalle correnti.

Onorevole sottosegretario, è stato sciolto qualche piccolo enigma, abbiamo avuto qualche assicurazione. Sappiamo solo da oggi che non c’è segreto di Stato e che il Governo è disponibile a recuperare il relitto o, comunque, a far seguire da mezzi marini specializzati fotografie in profondità. Ma è ancora molto poco, per quanto ci riguarda. Riteniamo infatti che ci siano altri enigmi da sciogliere e, tra essi, quello delle registrazioni.

In proposito, dobbiamo rilevare che vi sono elementi molto inquietanti. Si è parlato di radar al servizio civile e di radar al servizio militare, sapendo bene che questi ultimi hanno una frequenza più bassa e che, quindi, non sono in grado di procedere ad alcune specifiche registrazioni. Inoltre, ho letto sulla stampa che la difesa aerea territoriale ha consegnato un nastro pieno di buchi, con un vuoto di otto minuti (Commenti del sottosegretario Amato). Si tratta ora di vedere se si trattava di quattro minuti prima e quattro dopo o se, come è stato spiegato, fosse in corso una esercitazione militare che ha comportato la cancellazione del nastro.

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Oggi ho parlato anche di questo, caro collega!

UGO GRIPPO. Lei ha parlato di quattro minuti prima e di quattro minuti dopo.

GIULIANO AMATO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Forse mi sono spiegato male

UGO GRIPPO. Comunque, questo è un altro tema da affrontare.

Le dichiarazioni da lei rese oggi ad integrazione di quelle rese da Palazzo Chigi mi sembra abbiano scartato l’ipotesi dell’interferenza dell’areo libico. Quindi anche questo enigma è stato sciolto.

In conclusione, onorevole Amato, esistono problemi aperti, che riguardano il risarcimento alle famiglie delle vittime e la salvaguardia dei diritti dei dipendenti della società disciolta. Ma esistono anche problemi di fondo sui quali il Governo deve rapidamente rispondere. Mi riferisco alla sicurezza del volo in generale, partendo dalla considerazione del ruolo di cerniera fondamentale del traffico aereo passeggeri tra nord e sud e tra sud ed est del nostro paese, ruolo che può avere risvolti positivi anche in termini economici.

Dobbiamo dire che il Governo, fino a questo momento, non ha assunto iniziative credibili sul tema della sicurezza in volo, salvo che lei non voglia qui ricordare il provvedimento n. 904, riguardante la istituzione di un comitato per la sicurezza in volo. Si tratta di un disegno di legge che ricalca un precedente provvedimento presentato nella scorsa legislatura, che non arrivò alla approvazione finale. Dobbiamo per altro registrare che questa sembra a noi una iniziativa molto superficiale, poiché è tale da ignorare totalmente il dibattito politico e culturale di questi anni, che si è svolto sull’argomento della sicurezza in volo. Si pensa che il Governo voglia costituire una sorta di ufficio sinistri piuttosto che un organo di prevenzione degli incidenti aeronautici.

Noi ci attendiamo dal Governo le risposte alle quali mi sono riferito, che sono fondamentali per consentire sicurezza in un settore strategico dell’economia nazionale.

PRESIDENTE. L ‘onorevole Staiti di Cuddia delle Chiuse ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la sua interrogazione n. 3-02923.

TOMASO STAITI DI CUDDIA DELLE CHIUSE (Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale). Mi esimerà, signor Presidente, dal dichiararmi soddisfatto o insoddisfatto, innanzitutto per l’argomento della interrogazione e poi per il fatto che a distanza di sei anni dalla tragedia di Ustica solo oggi, finalmente, il Parlamento riesce ad avere non dico la verità, ma un inizio di barlume di verità.

Non vorrei ripetere le cose che già sono state dette durante questa seduta, ma desidero far notare alcune verità, queste sì verità ormai assodate, che l’onorevole sottosegretario Amato ha espresso nei termini più concreti possibili fino ad oggi. Non vorrei, infatti, che su questa vicenda che è tragedia, dal punto di vista umano, terribile, si determinassero divisioni in base all’appartenenza politica.

Non credo che su tali argomenti ci si debba dividere per posizioni politiche; penso al contrario che le diverse parti politiche debbano tentare di portare ciascuna un granello di contributo per l’edificazione di quel monumento alla verità, alla difficile verità, al quale ha fatto riferimento il sottosegretario Amato.

La vicenda in questione attraversa due fasi: quella che va dalla tragedia di Ustica all’agosto di quest’anno, e quella che va da agosto ad oggi. La prima è intessuta di dubbi, di perplessità, di reticenze — occorre dirlo! — nonché di notizie e di speculazioni, come quella che ha riguardato la stessa compagnia privata proprietaria dell’aereo. La seconda è quella che parte dalla presa di posizione del Presidente della Repubblica, che ha fatto riemergere il problema e che lo ha portato all’attuale dibattito parlamentare.

L’onorevole Amato è a volte, amabilmente, definito il «dottor sottile» del Go verno Craxi. Questa volta mi pare che dottor sottile non sia stato. Forse è stato molto più Amleto, come è giusto che accada in una vicenda che è ancora tutta da scoprire. In ogni caso, ci ha detto cose abbastanza interessanti.

Ci ha detto che è possibile arrivare ad un recupero, che tale recupero poteva essere fatto anche in passato e che non si è riusciti ancora a capire perché non si sia pensato immediatamente di procedervi. Forse ciò è accaduto perché faceva comodo ai fini delle reticenze e speculazioni che sono state imbastite dall’indomani della tragedia di Ustica.

Ci ha detto, il sottosegretario Amato, che è ferma intenzione del Governo — almeno così io ho recepito — procedere al recupero del relitto… Francamente sembra abbastanza assurdo, a fronte degli sperperi di centinaia di miliardi ai quali assistiamo, che ciò non sia accaduto per ragioni di spesa.

Ho detto prima, interrompendo con una battuta, che dieci, quindici, venti miliardi rappresentano una piccola parte di quello che le USL della Calabria, della Sicilia e della Campania hanno truffato allo Stato, ai cittadini, come risulta dalle denunce presentate dal ministro della sanità. Mi sembrava veramente incredibile che il Governo non riuscisse a reperire 10-15 miliardi per acquisire un elemento decisivo ai fini del raggiungimento di quella verità che tutti dicono di perseguire, non avendo però fino ad oggi dimostrato con i loro atti di ricercarla efficacemente.

E per tali ragioni che lo scorso 10 settembre, di fronte ad una sorta di inerzia che mi sembrava avesse colpito un po’ tutti, mi sono permesso di presentare una proposta di legge, tendente a stanziare 25 miliardi per il recupero dell’aereo: in modo che il Parlamento realizzasse uno strumento operativo da offrire al Governo, idoneo a superare le difficoltà oggi esistenti, almeno sul piano burocratico e del rispetto di quella legge che si chiama in causa quando fa comodo e non in altri casi, ed a consentire il raggiungimento della essenziale verità sulla quale poi lavorare: quella relativa alle modalità con cui la tragedia è potuta avvenire, alle cause effettive di questa voluta o non voluta strage. Il primo obiettivo resta dunque quello del recupero del relitto, anche se a distanza di sei anni e con tutti i problemi relativi.

Il secondo obiettivo — ed è questa l’assicurazione che il Governo deve dare al Parlamento, all’opinione pubblica e soprattutto ai familiari delle vittime — è quello di far sì che tutti gli organi dello Stato, anche quelli che spesso, attraverso gli intralci burocratici, riescono a ritardare l’accertamento di tante verità, siano messi a disposizione del magistrato. In tal modo quest’ultimo, disponendo del relitto, disponendo dei risultati delle indagini su di esso compiute da aziende specializzate (che esistono, come ha ricordato l’onorevole sottosegretario), disponendo delle registrazioni radar, potendosi giovare del più ampio supporto degli organi militari e civili dello Stato, potrà pervenire ad una conclusione, con le relative implicazioni sul piano politico, sul piano giuridico e su quello del risarcimento delle famiglie delle vittime.

Credo che sia questa la legittima aspettativa, non solo di questa o quella parte politica, ma dell’intera opinione pubblica, che chiede di sapere che cosa sia accaduto in quella tragica sera, quali sono i nostri sistemi di sicurezza, quali misure il Governo intende attuare affinché nel caso sia confermata — come è stato scritto e non smentito, anzi avvalorato dall’impostazione che il sottosegretario Amato ha dato alla sua relazione — una determinata tesi sull’incidente, un fatto del genere non si ripeta più, e affinché il cittadino che prende un aereo, pubblico o privato che sia, possa avere la ragionevole certezza di non essere oggetto di contese politiche, o di altro tipo, che purtroppo ogni tanto si determinano nel nostro paese.

PRESIDENTE. L’onorevole Macis, cofirmatario della interrogazione Violante n. 3-02924, ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

FRANCESCO MACIS (Partito Comunista Italiano). Signor Presidente, l’onorevole Proietti e gli altri colleghi intervenuti nel dibattito hanno sottolineato il ritardo inspiegabile con cui sono state fornite dal Governo le notizie sull’incidente. Gli elementi che oggi sono stati comunicati alla Camera erano già acquisiti da anni, ad opera della commissione di inchiesta; e debbo dire che tali elementi, pur nella cautela da cui sono stati circondati, anzi proprio per tale cautela, per la loro provenienza e per essere stati enunciati in quest’aula (non siamo più, quindi, nel campo delle informazioni giornalistiche o delle anticipazioni) sono a mio parere abbastanza impressionanti e per certi aspetti sconvolgenti.

Mi pare di aver capito, dalla risposta che ha dato il sottosegretario Amato, che la lettura degli atti della commissione d’inchiesta, per quanto cautelosa, è praticamente univoca.

Bisogna aggiungere doverosamente un riconoscimento alla sensibilità del Presidente della Repubblica che ha consentito di uscire dal silenzio e di rimuovere finalmente quell’inerzia che ha impedito sino ad ora di operare. Credo che debba essere dato atto delle misure che sono state anticipate, anche se mi sento di dover muovere un’osservazione sul metodo che è stato prospettato.

Certo, è importante acquisire al più presto possibile e con la procedura più sollecita gli elementi di conoscenza e procedere al recupero del relitto se non saranno conclusivi i rilevamenti fotografici. Tuttavia, debbo manifestare una mia personale perplessità sul fatto che si rimetta ad un’iniziativa del magistrato una misura che potrebbe essere assunta dal potere politico (uso questa espressione per comprendere l’iniziativa che potrebbe essere assunta dal Governo e dal Parlamento).

Sono tra coloro che osservano e talvolta criticano la supplenza che viene esercitata dai magistrati, e ritengo che questo sia un esempio classico, che nei prossimi anni sarà citato nei manuali, di un’iniziativa che nelle stanze del Governo si è arenata, se non ricordo male, quattro anni fa, nel 1982, per mancanza delle risorse finanziarie necessarie; difficoltà che oggi si riesce a superare perché tra le spese obbligatorie si troverà il modo per includere anche queste, e quindi si può incoraggiare il magistrato ad andare avanti, ma di atto del magistrato si tratta.

Ritengo che si debba procedere nella forma più sollecita possibile, però sono convinto che un atto del Parlamento e del Governo avrebbe un segno diverso.

Sono rimasti molti punti che non hanno trovato risposta, e ne ricorderò soltanto due. Il primo relativo alle modalità dell’incidente. Mi riferisco naturalmente a indiscrezioni giornalistiche che, nel rivelare la conversazione tra il comandante del DC9 e la torre di controllo, parlavano di luccichii che il comandante avrebbe visto sotto di sé (ciò farebbe pensare non solo ad esercitazioni ma addirittura ad una sorta di fuoco di sbarramento). Su questo aspetto non abbiamo sentito niente da parte dell’onorevole Amato, mentre si tratta di un’indicazione che potrebbe offrire spunti di riflessione.

L’altra ed ultima questione che voglio porre è quella che abbiamo indicato nella interrogazione presentata insieme al collega Violante relativa al risarcimento dei danni ai familiari delle vittime.

Quando parliamo di questo problema evidentemente non intendiamo sollecitare una misura di carattere pietistico o assistenziale; ci riferiamo alle modalità dell’incidente, che a nostro parere danno luogo al riconoscimento di un diritto sul quale fondare il risarcimento dei danni ai familiari delle vittime. Dico ciò perché lo Stato nella situazione che si è determinata (ci auguriamo che venga accertata in maniera chiara e definitiva) è venuto meno al suo preciso dovere di garantire la sicurezza dei voli.

Il risarcimento dei danni è un modo per riparare ad un fatto del passato, per stabilire un precedente e per richiamare tutti al senso delle responsabilità ed evitare il ripetersi di incidenti analoghi. Dico questo perché, come tutti sappiamo, come il Governo sa, non si tratta soltanto di ipotesi allarmistiche, ma spesso ci troviamo di fronte al ripetersi di situazioni di pericolo. Il risarcimento dei danni, allora, indica evidentemente anche una precisa volontà politica del Governo di riparare per il passato e di dare un annuncio che sia di garanzia per il futuro.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all’ordine del giorno.