E’ Andrea Purgatori il falsario?

di | 20 Settembre 2011

Dunque il falsario, a sentire le parole pronunciate da Carlo Giovanardi a Uno Mattina il 14 settembre scorso (vedi il video), sarebbe il giornalista Andrea Purgatori, reo di aver mostrato a tutti un documento della Nato in cui si evince che la notte di Ustica c’erano in volo attorno il Dc9 21 caccia militari di cui 4 ancora da identificare. Stragi80 è in grado, non solo di mostrarvi quel servizio, per meglio comprendere cosa è accaduto in Tv, ma anche di informarvi su quanto l’Avvocatura dello Stato, qualche mese fa, fece sapere al sottosegretario. La vicenda, ormai assai nota, riguarda il famigerato depliant che Giovanardi voleva ritirare, a tutti i costi, dal Museo per la Memoria di Ustica. Nella prima versione di quel depliant, come abbiamo più volte riferito, secondo l’esponente del Governo c’erano «espressioni false e diffamatorie», in primis nei confronti dell’Aeronautica militare. C’era la ricostruzione di quanto avvenne la notte del 27 giugno 1980 – che non è mai piaciuta al sottosegretario e all’Arma azzurra -, e dei successivi trent’anni. L’opuscolo, dopo il pressing di Giovanardi sull’allora Commissario straordinario del Comune di Bologna, Anna Maria Cancellieri, a giugno fu ritirato tra le polemiche. L’Istituto Parri ne ha poi rielaborato una seconda versione e, di fatto, è tornato in distribuzione. Giovanardi, come da lui stesso annunciato in tv e sulle agenzie, cercava un pretesto per querelare chiunque non la pensasse come lui, cioè che ad abbattere il Dc9 fu una bomba e che attorno al Dc9, quella notte, non c’erano altri aerei. In linea con lui anche l’ex Capo di Stato maggiore dell’Ami, il generale Lamberto Bartolucci, a suo tempo imputato nel processo penale, che – sempre a detta di Giovanardi – nelle stesse ore aveva dato mandato ai suoi legali di querelare per diffamazione «gli estensori e i distributori del precedente testo elaborato dall’Istituto Parri». Poi, apprendendo che il depliant era tornato in distribuzione, anche su input del nuovo sindaco di Bologna, Virginio Merola, il sottosegretario aveva ribadito alle agenzie: «Vedremo se nel nuovo testo ricorreranno ancora quelle espressioni false e diffamatorie sulle quali l’Avvocatura dello Stato ha richiamato, a suo tempo, l’attenzione del Commissario Cancellieri».
Giovanardi, com’è sua abitudine, quelle parole le ha interpretate a modo suo, forzandone e distorcendone il significato. Perché l’Avvocatura dello Stato, nel parere (vedi la lettera originale) inviato al sottosegretario il 22 dicembre 2010 dall’avvocato generale Ignazio Francesco Caramazza, afferma altro: «in considerazione del fatto che, a tutt’oggi, a fronte della celebrazione del già citato processo penale e della pendenza di altri giudizi civili (instaurati dall’Itavia in amministrazione straordinaria, dall’ex presidente della predetta società, Aldo Davanzali, e da gruppi di familiari delle vittime del disastro aviatorio di Ustica), non è stato possibile stabilire in modo incontrovertibile la causa della perdita del DC9, si può legittimamente continuare a sostenere la fondatezza dell’ipotesi di un esplosione esterna, dovuta all’impatto di un missile lanciato da un aereo non identificato, ma appare scorretto “criminalizzare” come depistatori tutti coloro che hanno sostenuto, e continuano a sostenere, che la caduta del DC9 fu provocata dall’esplosione di una bomba collocata a bordo dell’aeromobile».
Perciò è legittimo sostenere che il Dc9 sia stato abbattuto da un missile, come ha recentemente sostenuto anche il Tribunale di Palermo condannando i ministeri della Difesa e dei Trasporti. E criminalizzare chi sostiene il contrario è scorretto, ma lo è anche affermare, come fa Giovanardi, che il Collegio presieduto dall’ingegnere Aurelio Misiti trovò e scrisse la verità, anziché distinguersi per l’azione d’inquinamento delle indagini e per aver prodotto una relazione – come evidenziò il giudice Rosario Priore – affetta «da tali e tanti vizi di carattere logico, da molteplici contraddizioni e distorsioni del materiale probatorio» da renderla inutilizzabile». E’ scorretto anche riferire notizie infondate, come il fatto che la sera del 27 giugno del 1980 in cielo non c’erano altri aerei, oltre il Dc9 Itavia, perché il tracciato radar di Ciampino e la Nato affermano il contrario. Così come continuare a ripetere che l’Aeronautica in questa storia non c’entra nulla, perché l’istruttoria di Priore ha dimostrato che le indagini furono caratterizzate da «numerosi casi di chiusura totale delle persone che deponevano», cioè i militari dell’Ami, che mostrarono «di non voler riferire persino circostanze semplici e di alcuna responsabilità per sé, di cui dovevano necessariamente essere a conoscenza», «ostentando sicumera ed irridendo le sanzioni» e «generando così un quasi generale clima di omertà, militare, di corpo, di ceto, di interessi».
Se ad abbattere il Dc9 fu una bomba perché decine di militari si adoperarono per far sparire registri, tracciati radar (come nei centri radar di Marsala e Licola) e anche gli elenchi del personale in servizio? Per quale motivo i controllori di Ciampino, mezzora dopo la scomparsa del volo Itavia, tentarono di mettersi urgentemente in contatto con l’Ambasciata americana? Perché la Francia, rispondendo alle rogatorie, disse che la base di Solenzara aveva chiuso alle 17, quando un testimone oculare, il generale Nicolò Bozzo, afferma di aver visto decollare dei Mirage dopo le ore 20?
Visto che l’Avvocatura dello Stato afferma che non è vietato dissentire, attendiamo una risposta dal sottosegretario Giovanardi.

di Fabrizio Colarieti – © stragi80.it